Una gara può essere un allenamento, ma un allenamento non può essere una gara

Alcune volte è bello dilungarsi con gli amici podisti su argomenti sportivi di svariata umanità. Ci si confronta e si discute per così dire a oltranza, anche avendo tutti i partecipanti al dibattito, la netta sensazione che mai si possa arrivare ad una sentenza definitiva, che chiuda nettamente, in senso o in un altro, l’intera questione oggetto del contendere. La bellezza della circostanza consiste infatti proprio in questo. Può una gara podistica, in talune situazioni, configurarsi come allenamento, o deve marcare una netta separazione, un in limite invalicabile, fra sé e un semplice allenamento?

Sarebbe bello immaginare una sorta di processo, con accusa e difesa degnamente rappresentate rispetto ad un uditorio attento e partecipe…, sotto la vigile e qualificata autorità di un giudice, pronto a raccogliere prove e testimonianze prima di emettere un’inappellabile sentenza. Ma poiché ciò è irrealizzabile, e meno male, eccoci qua ad occuparci di una questione perennemente in auge nel popolo podistico. Perché si sa, i podisti corrono sempre, ma quando non lo fanno esprimono le loro radicate convinzioni, che sono ever green come la loro passione sportiva.

Per parte nostra, siamo del parere che una gara sia la quintessenza della manifestazione podistica, la sua massima e plastica dimostrazione. Non a caso, quando al podista viene rilasciata la certificazione medica legale affinché possa esercitare la sua attività, in calce e in evidenza al suo documento si legge l’aggettivo “agonistica”; il che vuol dire che l’accento si pone non tanto sulla sua corsa in sé, o sull’allenamento, bensì sulla competizione, sulla gara, dove appunto si deve garantire, mediante attestazione idonea, la capacità ufficiale di poterla sostenere.

La parte avversa obietterà che esistono allenamento tali, i cosiddetti “lavori”, che spesso superano di gran lunga i limiti imposti da madre natura; e che in un ambito di ragionata programmazione podistica debbano essere svolti con efficacia e dedizione. Sì, è vero. Ma infatti tali allenamenti, chiamati anaerobici, possono essere interrotti, se il caso lo richiede, senza doverne risentire, almeno sul piano della stima personale. Mentre si capisce facilmente come una interruzione di cui stiamo parlando, o verosimilmente un rallentamento di ritmo in gara, siano cose totalmente diverse… In più, nessun allenamento può garantire la tensione che si genera in noi quando in gara ci troviamo al cospetto degli altri, sia che ci troviamo davanti agli avversarie sia che arranchiamo nelle loro retrovie. Nessun ottimo allenamento, magari svolto in compagnia di colleghi con le nostre identiche capacità e programmazioni, può “gareggiare” con gli stimoli che la gara ci trasmette.

E poi, bisogna dirselo. ogni gara ci insegna qualcosa, ci fa’ scoprire (o riscoprire) un luogo, una circostanza podistica, una sensazione intima relativa, di volta in volta, o alla capacità di resistere alla fatica, o alla programmata capacità di correre ad uno studiato sottoritmo. Perché, e anche questo bisogna precisare, è sbagliato per un podista amatoriale gareggiare solo al massimo della propria condizione. Egli dovrebbe un po’ parafrasare l’annata agonistica degli assoluti, i quali riservano ai mesi caldi il periodo entro il quale gareggiano e mettano a frutto i loro lunghi mesi di preparazione, cioè di allenamenti. C’è da dire, al riguardo, che i professionisti della corsa non… si allenano… durante i mesi caldi, ma lo fanno… nella partecipazione alle gare…

Vuol dire che dobbiamo imitare gli assoluti, noi semplici amatori? No di certo. Però, potremmo prendere, almeno in parte, qualche modello di allenamento da seguire. 

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