Fare la differenza nel podismo

Si sente sempre più spesso l’espressione “fare la differenza”, in tutti i settori, sociali e sportivi, e quindi anche nel podismo. Evidentemente, viviamo in un’epoca dove è molto sentita, anzi perfino richiesta, la necessità della competizione; per cui “fare la differenza” diventa una capacità da ricercare e da coltivare. Perché è bene da segnalarlo, non a tutti è dato di riuscire “a fare la differenza”, dal momento che non si nasce con questo “dono”, ma bisogna costruirselo, con metodo e perseveranza, magari “elargito” da sagaci imbonitori…

“Fare la differenza” è locuzione figurata convenzionale, quasi un modo di dire, uno dei tanti, che al pari delle leggende metropolitane, circolano fra i parlanti e si fissano nelle conversazioni comuni, colloquiali e non solo. Ma, sorvolando sugli aspetti psicosociali, soffermiamoci, come si diceva in partenza, su quelli sportivi, e in particolar modo su quelli podistici.

Nel calcio, ad esempio, fare la differenza, tra le altre cose, può essere quella abilità di dribblare l’avversario (saltare l’uomo, si dice) per arrivare a concludere in porta. Nel ciclismo invece, tra le altre cose, può essere quella capacità di spingere un rapporto non agile in salita, così da staccare tutti gli avversari e guadagnare secondi, se non minuti, decisivi per l’esito della tappa. E nel podismo? Nel podismo non c’è un discrimine, un paradigma, una segnalazione di qualità raggiunta rispetto agli altri. Sia il calcio che il ciclismo sono sport di squadra, checché se ne dica, mentre nel podismo il concetto di squadra esiste solo nella mente del singolo atleta come mezzo identificativo, e basta. In realtà, la prestazione del podista si riconduce alla sua unicità. Deve esiste dunque una qualche classificazione, una linea immaginaria, che possa determinare questa famosa “fare la differenza”… Quando, un podista, la fa’…? Dove possiamo collocare i suo gesto atletico, la sua caratura sportiva, in base al risultato conseguito? Immaginiamoci una gara con un migliaio di partecipanti… Non si può dire, non sarebbe esatto e giusto, dire che solo i primi 10 classificati, oppure solo i vincitori delle categorie, “fanno la differenza”. Coloro che hanno corso, poniamo, una 10 km in 38’, ma che risultano ben lontani dai primissimi, quasi confusi e indistinti in un gruppo, non hanno fatto la differenza…? E coloro invece che sono giunti al traguardo dopo una diecina di minuti bisogna mandarli al macero…?

In effetti, nel podismo, si fa’ la differenza solo con se stessi… Se la differenza, così come è, è la sottrazione tra un numero e l’altro, allora significa che  per il podista “fare la differenza” vuol dire non riferirsi agli altri, ma solo a se stesso. E in questo suo modo di essere e di correre capirà che fra lui e tutti gli altri, campioni o meno, non ci sarà nessuna “differenza”….                                                                                                                                                                               

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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