Francesco Valanzuolo: un grande presidente

Francesco Valanzuolo lo conobbi agli esordi della mia attività agonistica. Mi fu indicato come il presidente della squadra per noi più pericolosa: l’Antares Stabia di Castellammare. Fin dagli inizi, me lo ricordo come attivo e presente. Pur senza essere invadente, per usare un’espressione oggi molto in voga, rubava la scena. In lui si distingueva subito l’impegno verace che metteva nelle iniziative. Ecco perché, pur essendo un nostro fiero avversario, lo presi in simpatia.

Seppi che era nativo di Castellammare, dove lavorava come funzionario all’Ufficio del Registro. Sapeva essere intraprendente e diplomatico. Mi colpì il suo ardimentoso progetto, nel 1994, di ottenere, organizzare e conquistare, a Castellammare di Stabia, nientemeno che il Titolo Italiano di Società dei 10 km su Strada. Rimasi sbalordito dall’avvenimento. Capii che quella persona che a volte si agitava sotto il palco delle premiazioni, a volte in tuta, a volte con una cartellina sotto al braccio, era da prendere a modello: univa passione e competenza, sostanza e forma. Approvavo tutto quello che faceva, capivo le sue intenzioni, anche se non gli parlavo quasi mai.

Francesco Valanzuolo, pur avendo praticato da giovane solo calcio, si appassionò al podismo, fino al punto di divenirne presidente di società, nel 1982. Fu artefice di svariate manifestazioni, che cito a memoria: “Maratonina di Gragnano”; “Maratonina delle acque”; “Crono Scalata”; “La Matesina”. Partecipò all’organizzazione del Campionato Italiano di Maratona, a Torino, quando vinse un suo pupillo: Raffaele Alliegro. E, sempre a proposito di maratona, fu perfino collaboratore per due anni di… un certo Fred Lebon…, l’organizzatore della maratona di New York! La sua figura non poteva quindi passare inosservata e venne eletto Consigliere Nazionale Fidal. Ma il suo carattere scevro da ogni ipocrisia non resse all’ambiente che invece la richiedeva… Si dimise poco dopo.

Ricordo quando, in combutta con una celebre gara che lui aveva inventato, ma che era un po’ degenerata per “ingaggi” ad atleti stranieri a scapito degli amatori italiani, organizzò, in assoluta contemporaneità, una 10 km, premiando dal primo all’ultimo arrivato! La partenza della gara venne data da un colpo di cannone. Quale mirabile risposta e, direi, proposta!

Infatti, erano gli anni in ci la serpe dell’affarismo, mascherato però da modernismo, cominciò ad avvelenare il podismo campano. Mentre strani figuri si aggiravano nei corridoi e nelle stanze delle gare podistiche, per trarne più o meno lauti guadagni, Francesco Valanzuolo manteneva alto il suo credo in un’atletica “povera ma bella”, invece di quest’altra che adesso ci ritroviamo, “ricca” sì, ma “brutta”. Per averne una prova, basta confrontare le classifiche di una volta alle odierne. I tempi sono il miglior riscontro. Gli amatori di una volta non ci sono più. Oramai, tutto si è un po’ commercializzato. Si sono prodotti podisti in serie, in quantità, a scapito della qualità. Niente a che vedere con gli atleti lanciati da Francesco Valanzuolo, alcuni dei quali li voglio menzionare, atleti che ottenevano dei tempi da “far tremare i polsi”: Vittorino Testa, Giovanni De Sinno, Michele Gallo, Luigi Greco, Francesco Salvati, Catello Balzamo, e molti altri.

Da grande combattente qual era, Francesco Valazuolo fondò un’altra valorosa squadra: l’Euro Fitness Club. Vi confluì perfino qualche atleta della mia squadra. Normale avvicendamento di atleti, anche per motivi di lavoro o di residenza. In cuor mio non me ne rattristai eccessivamente, perché sapevo che… erano in buone mani.

Ecco perché mi dispiacque tantissimo sapere che stava male; e ancora di più quando all’improvviso seppi della sua morte. Dico all’improvviso, perché la notizia trapelò non so bene come, ma comunque nel silenzio più assordante. Non se lo meritava, Francesco. E bene fecero gran parte dei suoi atleti a giurare, alla sua morte, che non avrebbero più gareggiato, non riconoscendosi in un contesto ormai ridottosi al raggiungimento di obiettivi non sportivi.

Evidentemente, al grande circo del podismo campano, fatto di luci e di ribalte, dava fastidio questo personaggio, così antitetico ai loro bisogni. Ecco, forse risiede in ciò la sostanziale differenza fra gli attuali uomini del podiso campano e Valanzuolo: loro hanno dei bisogni, mentre Francesco aveva dei sogni. Però, mentre la realizzazione dei bisogni porta ad una vita che prima o poi si arresta e finisce senza lasciare tracce, il perseguimento tenace e passionale dei sogni, porta a vivere per sempre nel ricordo delle persone.

 

 

 

 

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