Lo “strappo” alimentare nel podismo

Non c’è solo il classico strappo muscolare, nel podismo, c’è anche quello alimentare… E’ l’ironica, ma non troppo, conclusione avuta stamattina con alcuni amici, nel mentre correvamo lentamente… Eravamo io, Lucio e Gennaro, nella fase conclusiva dell’allenamento mattutino. Sapete?, quella fase finale, in cui… si tirano un po’ le somme di quanto fatto, se cioè le gambe hanno risposto oppure no alle richieste… Questa fase si può chiamare “defaticamento”…

Tutto è cominciato quando Lucio ha detto che non mangiava più come una volta, raccogliendo subito la nostra solidarietà: gli anni non passano a caso e le caratteristiche fisiologiche denotano l’usura che ormai da qualche anno ben conosciamo. Le carni vanno ridimensionate, non solo in quanto alle dimensioni, asseriva Lucio, destando la protesta di Gennaro, che a suo dire, ne è un mangiatore impenitente. D’altra canto, io ricordavo agli amici il mio essere, da molti anni, un vegetariano convinto… La piacevole conversazione si è allora indirizzata, com’era facile prevedere, sull’alimentazione che materialmente serve al podista. Succede sempre così: appena si pone un freno all’alimentazione del podista, questi istintivamente pensa  subito a un rimedio, o comunque a un succedaneo… Eccoci allo “strappo” alimentare… Cos’è, e quando bisogna farlo.

Radicale come sono sull’argomento, ho esordito io, dicendo che non vivo per mangiare, ma che mangio per vivere…, alludendo abbastanza chiaramente che metto al primo posto la necessità che il cibo mi fornisca le giuste necessità alimentari per svolgere al meglio l’attività podistica. Posizione vigorosamente e immediatamente osteggiata dagli amici, perché ritenuta troppo “brutale”…

 

Gennaro era propenso ad operare lo “strappo” solo durante le feste… Ma sia io che Lucio abbiamo fatto presente che ci sono feste in ogni occasione… E’ Natale? Poi c’è Capodanno. Da San Valentino al Carnevale il passo è brevissimo. E già Pasqua incombe… E via discorrendo… Non si può. Sarebbe come truccare la realtà…

Più sensato è sembrato il ragionamento di Lucio, da medico qual è, il quale suggeriva uno “strappo” non a breve termine, bensì a medio… Nel senso che uno strappo va’ considerato come un piacevole ed episodico diversivo alimentare, giusto per ricordarci che l’assunzione di cibo non dovrebbe mai costituire privazione, ma allegra conciliazione corporale, in grado di apportare serenità, anche ulteriore se occorre, perché di serenità non è morto mai nessuno…

 

Ma, in concreto, mentre le luci dell’alba già cominciavano ad abbagliare i nostri sguardi (scherzo…, erano i fari delle automobili…), cosa abbiamo deciso circa lo strappo alimentare? Cos’è lo abbiamo visto, ma con quale frequenza effettuarlo? Fermo restando le dosi adeguate (una fetta di torta, dicevo io; un po’di pesce, proponeva Lucio; un piatto di pasta lardiata, gridava Gennaro), uno strappo a settimana si può fare. Anzi, si deve fare!

 

 

 

 

 

 

 

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