Io, “partecipante osservatore” del podismo campano

Faccio volentieri un’eccezione e intervengo nel recente dibattito circa alcuni riprovevoli comportamenti denunciati dal responsabile regionale Fidal Campania prof. Bruno Fabozzi, scrivendo in prima persona, non perché mi ritengo depositario della verità, ma per sottolineare la mia presenza ultratrentennale che forse mi ha procurato un minimo di esperienza da cui trarre qualche ponderato convincimento. Nel fare questo, vorrei prendere in prestito quello che in sociologia si chiama il “partecipante osservatore”, cioè quella figura d’indagine che parte dall’essere parte interna e attiva di un contesto che si vuole analizzare al fine di studiarne e di comprenderne gli inevitabili sviluppi.

In realtà, la questione è antica… e prende direttamente le mosse dalla crescita esponenziale del fenomeno podistico campano a partire dalla fine degli anni 90, da quando cioè si è verificato un notevole aumento dei praticanti, vuoi per ragioni salutistiche, vuoi per ragioni esistenziali. Fatto sta che la “platea” di circa 200-300 atleti per ogni gara podistica registrata fino a quel momento sale vertiginosamente fino a moltiplicarsi. Intendiamoci, parliamo di gara su strada. Questo fenomeno diventa quasi inevitabile, dal momento che in un qualche stadio, posto che ce ne fosse stato…, non sarebbe stato possibile accogliere convenientemente tante persone. Sembra quasi, e lo è, il tipico caso della società capitalistico-finanziaria in cui viviamo: cresce il bisogno (magari indotto) e cresce la domanda; quindi, l’offerta recepisce, si adegua e si organizza. Basterebbe dare uno sguardo ai vecchi volantini delle gare, a quello che “indicavano”, al cospetto dei moderni, a quello che “reclamizzano”, per rendersene conto.

In concreto, mentre una volta bastava che pochi volenterosi praticanti, quasi sempre campioni di podismo che, forti della loro passione e con pochi mezzi, riuscivano a realizzare manifestazioni anche di rilievo, ora non potrebbero minimamente pensare di fare altrettanto. Troppi servizi collaterali nel frattempo sopravvenuti e indispensabili. Oggi non basta più assicurarsi un medico e un’ambulanza per la salvaguardia medica dei podisti. Non basta più assicurarsi la viabilità cittadina per pochissime ore, quasi sempre del mattino. Non basta nemmeno provvedere con gli atleti della squadra organizzatrice alle formalità del caso (distribuzione dei pettorali e premiazioni). Sono nate, inevitabilmente, nuove figure e nuove mansioni da inglobare nella manifestazioni, senza le quali sarebbe impensabile organizzare una gara su strada. D’altronde, passare da circa 300 atleti a più di 1.000…, rende l’idea. E tanti atleti, tante esigenze, vogliono dire tante spese e tante problematiche.

Spese e problematiche fanno sempre parte di un unico contesto… Ed è qui, forse, il nocciolo della questione. Come il presidente federale giustamente lamentava, molti comportamenti di atleti e di presidenti di società non sono riconducibili ai valori dello sport. Sospendendo per un attimo il giudizio sull’aspetto “morale”, che riguarda l’intera nazione e non solo l’ambito regionale, sembra che la maggior parte dei problemi scaturiscano dal costo del pettorale, dalla consistenza del pacco gara, dai premi per le varie categorie, dallo scambio di persona e dal monte premio previsto per le società. Mi sembra una questione speciosa. L’accresciuto numero di atleti, determina l’accresciuto numero dei servizi occorrenti (classifiche con chip, presentazioni con speaker, eccetera) richiesti dagli stessi atleti partecipanti, e cioè ricchi pacchi gara, ricchi premi, lauti rimborsi spese per le società, ristori abbondanti. Non dico che bisogna rassegnarsi a questo andazzo, ma che ci sono tutti gli aspetti che regolano la comunità dei cittadini, ovverosia l’applicazione delle leggi, in questo caso dei regolamenti federali.

Cosa fare? Facile a dirsi, ma non a farsi… Applicare i regolamenti disciplinari che già ci sono, rendendo pubblici i nominativi e i provvedimenti disciplinari adottati a loro carico; abolire i montepremi per le società, magari riservandoli soltanto a quelle squadre che hanno al loro interno una certificata attività nel settore giovanile; stabilire che i premi delle varie categorie siano corrispondenti al classico podio, e cioè riservati unicamente ai primi 3; stabilire ulteriore chiarezza, mediante commissione apposita, sulle competenze, i limiti e le attività Fidal-Eps nell’ambito della promozione sportiva e del suo rapporto con l’agonismo.

Tanto, chi vuole correre per il piacere di correre, corre lo stesso….

 

 

 

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