Vincenzo Giaccio: la gioia del correre

Ciao a tutti, sono Vincenzo Giaccio, il podista più felice del mondo. Sì, il più felice; non il più forte, il più impegnato, il più vittorioso, il più tradizionale, il più innovativo, eccetera eccetera; semplicemente, il più felice, perché per me correre corrisponde a mettere in pratica uno degli aspetti della mia natura: vivere la vita con allegria, in tutto quello che faccio, e cercare di trasmettere agli altri il buon umore, che credo sia l’elemento necessario dell’esistenza. E la corsa, infatti, è uno degli strumenti che adopero per mettere in pratica  quello che penso e, a giudicare dai tanti amici che ho la fortuna di avere, sono sulla “strada” giusta.

Per quei pochi, pochissimi che hanno la sventura di non conoscermi, cioè che non sono contagiati dalla mia proverbiale simpatia, voglio in questa sede vestire “i miei panni migliori da podista” e raccontare loro qualcuna delle mie imprese, quelle a cui, per un motivo o per un altro come dirò, sono particolarmente affezionato.

Comincio con la gara più lunga: la 100 km del Passatore, corsa in 13 h e 27’! Avete letto bene, non vi preoccupate: 100 km. Se il sogno di ogni podista è correre una maratona, ebbene, cosa si possa dire di una 100 km non so. Cosa va’ oltre il sogno? Forse, nessuna cosa che la mente umana possa perfino immaginare, un qualcosa che oltrepassa i confini della fantasia e dell’incredibile, quel filo sottilissimo che ci lega all’eternità.

Ma parlando di maratona, che resta pur sempre una maratona, ragazzi!, parliamo comunque di 42 km e di 195 m…, “tutti insieme appassionatamente”…, non so se mi spiego (chiedete a… Filippide e… vedete cosa vi risponde!), quella dove ho raggiunto il miglior risultato cronometrico è stata la molto suggestiva Maratona di Roma, col tempo di 3h, 29’ 01”! E scusate se è poco….

L’ultima impresa di cui voglio parlarvi (poi vi lascio alle vostre corse…) e di cui ancora rabbrividisco al pensiero tanto fu dura, è la maratona più fredda, più ventosa e più bagnata che un essere umano possa correre: la Maratona di Ravenna del 2005, comunque chiusa in 3h, 42’ e 13”! Chi non ha partecipato, credo, a questa maratona, non può dire di aver partecipato ad una maratona molto dura, dove alla partenza il solo pensare di arrivare al traguardo era una semplice follia.

Ciao, amici, ci rivediamo alle gare domenicali, come avviene ormai dal 1997. Mi vedrete sempre sorridente e con le braccia spalancate. A proposito, non vi meravigliate del mio tipico gesto detto dell’aeroplanino, è il mio retaggio professionale: lavoravo all’Aeronautica Militare quale Aerosoccorritore. Vedete?, ce l’ho scritto nel mio DNA, l’istinto e il desiderio di volare.

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