La risoluzione di un problema
A proposito di “problema”, devo confessare che ero una vera schiappa in matematica… Sono stato sempre un po’ la disperazione dei miei insegnanti… Però, una cosa me la ricordo, un consiglio datomi non ricordo da chi: quando non si riesce a risolvere un problema, è meglio pensare per qualche minuto a qualcosa d’altro, in modo da tornare sull’argomento con la mente fresca. Penso spesso a questa cosa, nell’ambito podistico, per me stesso e per svariati amici, per quanto riguarda la testardaggine d’insistere di correre anche in presenza di un infortunio…
La caratteristica principale di noi podisti, si sa, è correre sempre e comunque. L’organismo non ci sorregge per un qualche motivo? Vi… apportiamo una “pezza” e facciamo finta di niente, correndo lo stesso. Di volta in volta, perché correre significa accompagnarsi agli infortuni, ci industriamo a come combattere ad esempio talloniti o altro, a sopperire ad eventuali carenze alimentari, e cose di questo tipo. Insomma, siamo fatti così…, ed è questo la nostra forza e la nostra… gioia di vivere. Però, può accadere di trovarci di fronte ad un problema che, sia pure in modo silente, non ci lascia del tutto e che anzi col trascorrere del tempo matura e si ingigantisce nella sua incidenza. Il lasso di tempo che passa dalle prime avvisaglie alla “deflagrazione” finale è assai consistente, quasi sempre rapportabile nell’ordine di molti mesi. Che fare? Vado con la mente a ieri e ad oggi…
Ricordo, agli inizi della mia carriera podistica, un amico di livello: C. D. Costui era perfettamente in grado di correre una 10 km sotto i 3’ e 30” al km… e lo faceva spesso. Un giorno mi confidò di avere un problema all’arco plantare. Da lì in poi non lo vidi più…, per qualche anno! Certo, pensai, ha il suo lavoro, magari non corre più per questo motivo. Avevo già visto qualche amico smettere di correre, o non essere più assiduo agli allenamenti e alle gare per questa ragione. Poi, trascorso qualche anno, si ripresentò agli allenamenti (con un po’ di pancetta) e qualche nuovo adepto… mi disse che quell’amico era “potenzialmente” forte…, inducendomi a rivelargli la sua vera “natura”. Infatti, dopo qualche mesetto, l’amico in questione riprese a “macinare”, ritornando all’attenzione delle classifiche delle gare a cui partecipava. Capii così che a volte, per risolvere un problema, si deve per un certo tempo pensare ad altro.
In tempi più recenti, la stessa cosa si è verificata ad un altro amico, ugualmente valido sotto il profilo cronometrico: F. T. Egli, molto probabilmente per motivi di lavoro, è stato assente un paio di anni dagli allenamenti e dalle gare. Solo di recente è “riapparso” alle competizioni, facendosi in un certo qual modo “annunciare” da ottimi allenamenti. Viene quindi il “fondato sospetto” che a volta si debba operare una sorta di “reset” del nostro organismo, proprio per farlo recuperare in maniera definitiva e totale, in una maniera che solo il tempo di riposo, protratto senza limiti, può effettivamente predisporre per un completo ripristino dell’efficienza.
Però attenzione, forse è meglio puntualizzare. Gli episodi citati, si riferiscono comunque a due giovani podisti, che non superano i 40 anni di età. Voglio dire, il vecchio e il nuovo (cronologicamente parlando) presi come paradigma di un’indiscutibile verità: il “reset” vale per un organismo essenzialmente “giovane”. Per quello per così dire “maturo” è tutta un’altra storia… Si raccomanda, quindi, di non generalizzare.