Obesità infantile, un problema dei grandi

Uno studio recente del Ministero della Salute, datato 2010, ha evidenziato come i bambini italiani siano ancora tra i più obesi in Europa, nonostante il grido di allarme che venne lanciato dall’ISTAT, nel lontano 2000. I dati a suo tempo ufficializzati, furono il risultato dell’indagine “Multiscopo 2000”, condotta appunto dall’Istituto Nazionale di Statistica, riguardante le percentuali di sovrappeso ed obesità infantile e adolescenziali in Italia, secondo gli standard internazionali proposti dall’International Obesity Task Force.

L’obesità infantile è un grosso problema a comporta il serio rischio di contrarre gravi malattie quali il diabete, l’ipertensione, eccetera. A tutte queste malattie si deve aggiungere che esse sono predisponenti per l’infarto, l’ictus, eccetera. Ma certamente più delle parole possono, almeno in questo caso, rendere la gravità della situazione le immagini, molto, ma molto più eloquenti di un qualsiasi discorso. Il problema è che la società italiana non ha recepito, neppure minimamente, il messaggio che se non si pone un qualche rimedio alla salute dei nostri bambini, la società del domani (ma anche dell’oggi…) sarà gravida di problemi, perché alle difficoltà fisiche e psicologiche si sommeranno quelle economiche che occorreranno per cercare di curare la lista quasi infinita di malattie che l’obesità determina, quale logica ed inevitabile conseguenza.

Sicuramente, per prevenire questi malanni e per rendere migliore la salute dei nostri figli, è consigliabile che, fin dai primi anni di vita, li abituiamo a mangiar bene. Ma che significa esattamente “mangiar bene”? Ecco alcune regole (non suggerimenti, regole!):

  • ridurre le porzioni di qualsiasi piatto, di circa il 20%;
  • limitare all’essenziale i condimenti ed evitare cibi elaborati;
  • limitare (se non abolire del tutto) gli zuccheri e le bevande gassate;
  • ridurre (o perfino eliminare) le parti grasse delle carni, le parti bianche del prosciutto, gli eccessi di formaggi e di burro;
  • ridurre al minimo il consumo di merendine industriali, privilegiando quelle costituite da fettine di pane con miele o con marmellata;
  • incrementare il consumo di frutta e verdura, per le loro proprietà (sali minerali, vitamine, fibre;
  • determinare i pasti giornalieri nel numero di 5, così distribuiti e composti: 1) colazione del mattino (abbondante); 2) merendina a scuola (leggera); 3) pranzo (anche primo e secondo, ma non abbondante); 4) merenda pomeridiana (solo frutta); 5) cena (minestra a base di verdura, secondo e dolce (senza panna).

Il problema è che in Italia ancora non ci siamo, come abbiamo detto in apertura. Ce lo conferma, e in questo ci ammonisce, il sistema di monitoraggio “Okkio alla salute” del Centro nazionale di prevenzione e controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della Salute (raccolta di dati antropometrici e sugli stili di vita dei bambini della 3a classe primaria, 8-9 anni), che ha riportato il dato finale del suo lavoro: il 22,9% dei bambini in questa fascia di età è in sovrappeso e l’11,1% è in condizioni di obesità (dato riferito all’anno 2010).

Insomma, il problema dell’obesità infantile, tutto italiano, e in special modo tutto meridionale, è un problema solo nostro, degli adulti, dei grandi. I bambini non hanno colpa se li lasciamo soli con se stessi, se non diamo loro gli esempi giusti, con le nostre azioni di vita improntate all’esercizio fisico e alla corretta alimentazione.

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