Il messaggio universale del cibo e del podismo
Diceva Ludwig Fuerbach: “Noi siamo quello che mangiamo”. E’ vero, esiste una strettissima correlazione fra ciò che l’uomo mangia e il suo modo di vivere. Si potrebbe perfino ripercorrere l’evoluzione culturale e qualitativa dell’uomo, seguendo le tappe che hanno contrassegnato il suo modo di vivere in ragione dell’alimentazione. Al punto da poter tranquillamente affermare, alla stregua di J. L. Flandrin e M. Montanari (“Storia dell’alimentazione”) che: “… La potenzialità metabolica di un alimento è il suo valore qualitativo sul piano nutrizionale…”. La stessa Bibbia ne fa’ un chiaro riferimento (Genesi,41) laddove cita le “vacche magre e le vacche grasse”, per testimoniare la necessità di un’alimentazione adeguata per lo sviluppo della persona umana, anche e soprattutto sotto l’aspetto delle relazioni interpersonali. Perché si sa, come dicevano i latini, se l’uomo mangia bene, sta bene con se stesso e con gli altri: “Mens sana in corpore sano”; mentre, se c’è una disparità alimentare fra gli uomini, come si dice a Napoli: “ ‘O sazio nun crer’ ‘o riun’…”
Com’è noto, l’uomo primitivo era essenzialmente un cacciatore nomade, con una possibilità alimentare “difficoltosa”. Ma con la scoperta dell’agricoltura divenne sedentario, allargando la sua dispensa… Ma cosa mangiava? Pane, semi, pesce, carni, uova, farro, frutta verdura, miele… L’elenco s’interrompe, perché ci sono ben pochi altri alimenti da segnare. Noi pensiamo che i cibi di cui ci nutriamo siamo sempre esistiti, ma non è così. Una vera e propria esplosione di cibi a disposizione si ebbe con la scoperta dell’America. Prima di allora sulle tavole non comparivano ad esempio il pomodoro, le patate, i fagioli, il cacao, le arachidi, eccetera… E poco dopo, con l’invasione araba e orientale in genere, si conobbero le arance, i piselli, le albicocche, le pesche, i mandarini, ed altri cibi. Basti pensare che si conobbe non prima di allora lo zucchero (dall’arabo “sukkar”…). In estrema sintesi, lo sviluppo del commercio che ne seguì, determinò il diffondersi di nuove abitudini alimentari e di nuove colture, di cui la rotazione dei campi a maggese è solo un esempio, migliorando enormemente le condizioni di vita di tutti.
Insomma, cosa stiamo cercando di dire? Se la Storia ci insegna qualcosa, ci insegna che l’uomo non può stare da solo, deve vivere in comunità, in comunità aperte al dialogo con qualunque essere umano, senza distinzioni di pelle e di… abitudini alimentari. Anzi, accogliendo le diversità, l’uomo migliora le proprie “radici culturali”, siamo esse alimentari o culturali. E la stessa Storia, specie quella più recente, cos’altro ci insegna? Ci insegna che dobbiamo stare attenti alla commercializzazione dei prodotti che mangiamo. Se prima lo sviluppo dei commerci ha consentito un agevole approvvigionamento delle scorte alimentari in grado di soddisfare i fabbisogni della gente, oggi assistiamo ad un uso abnorme e smisurato dei cibi. Sono già evidenti i segni di concentrazioni eccessive di capitali che comportano un accumulo di cibo che spesso va’ buttato, con una spiacevolissima disparità sociale, ma soprattutto si registra un vertiginoso aumento delle malattie da sovralimentazione, quali l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari. Contro questi pericoli, alimentari e culturali, noi moderni dovremmo sempre più spesso interrogarci e porvi rimedio.
Ma i podisti già lo sanno… I cibi e le corse migliorano e fortificano sia il corpo che la mente; sono funzionali per lo sviluppo armonico della persona. Se tutte le altre cose della vita avessero questa finalità…