Tabelline e Gps

Da una recentissima conversazione con amici podisti, traggo la convinzione che io debba ancora una volta tornare ad occuparmi dei rivelatori Gps, come se io fossi tetragono al loro uso, quando in realtà la mia posizione circa questi strumenti moderni è favorevole, sia pure entro certi limiti. Avevo già in passato, su questo sito, espresso le mie ragioni, ma evidentemente non ero stato convincente, anche se in realtà, come sempre mi succede, non volevo affatto essere “convincente”, tutt’altro; volevo solo manifestare le mie perplessità non verso la scienza, che abbraccio senza indugi, bensì nei riguardi della tecnologia, e il suo modo, silente e subdolo, di condizionare la natura umana.

Sorvolando sul fatto che fui il primo in Campania a dotare della mia squadra di un sito prettamente podistico, ciò a riprova del mio favore all’ingresso della tecnologia nella vita reale di tutti i giorni, ritengo però che un uso eccessivo e soprattutto indiscriminato di strumenti tipo Gps possa portare ad un allontanamento dalle capacità fisiche del podista. Sbaglierò, ma un’eccessiva comodità, ad esempio, nel disbrigo delle pratiche giornaliere, comporta nell’uomo il rischio della sedentarietà, e quel che è peggio, alla ridotta mobilità fisica si aggiunge anche quella cognitiva, o almeno bisogna ammettere che esiste questa tragica e fatale possibilità.

Recenti studi e ricerche stanno già da un pezzo lì, a ricordarci e ad ammonirci circa un uso diffuso e  indiscriminato degli strumenti tecnologici. Ma veniamo a qualche aspetto più prettamente podistico, tanto per non cadere nella vuota retorica… Prendiamo soprattutto il caso di un podista nel pieno del suo allenamento quotidiano.

Una volta ci si allenava col cronometro. Si avviava, al limite lo si fermava temporaneamente in alcune frazioni predeterminate (i laps) e alla fine lo si arrestava. Ora si ha la tendenza ad usare il Gps…, che ci dice tutto, ma proprio tutto, in tempo reale. “Dice”, nel senso che può emettere un segnale sonoro, per avvertirci di un dato, oppure può perfino “parlare” per comunicarci ciò che serve, così che si possa procedere tranquillamente verso il tipo di corsa che stiamo effettuando. La vedete la differenza? Subdorate il pericolo? Con l’allenamento di una volta, il podista doveva necessariamente maturare certe competenze, anche visive. Oltre alle sensazioni tipiche della fatica, sentite e metabolizzate, egli “visualizzava” i tratti del percorso, maturando l’esperienza necessaria che forgiava le sue capacità. Ora, tutto questo “sistema” rischia seriamente di annullarsi, o di limitarsi notevolmente; egli non può sviluppare tutte le sue potenzialità, imprigionato da una rete di segnali che sono elementi artificiali e non naturali del suo corpo e della sua mente, i quali devono restare sempre in relazione.

Non vorrei tornare più sull’argomento, perché non mi piace che altri pensino che io sia anodino, contrario alla modernità, magari perché affezionato a quei pochi successi che ho conquistato nella vita e nello sport. No, io sono per la modernità, purché non sia eccessiva e indiscriminata, in un certo senso inconsapevole. Vorrei che noi, la modernità, la si governasse, non che ne fossimo governati.

A volte mi viene in mente quella storiella del comico siciliano Pino Caruso, a proposito della scuola moderna che non fa’ più studiare le basi ai suoi scolari, ad esempio, le tabelline in matematica (tanto, ci sono le calcolatrici,,,). Alla proclamazione di una laurea in ingegneria, il rettore chiede al neo dottore:

“Ingegnere, vuole mettere una crocetta qui?”

 

 

Potrebbero interessarti anche...