Guardiamo i bambini

Nel bellissimo film “I bambini ci guardano”, di Vittorio De Sica, è narrato il mondo degli adulti osservato dai bambini. Invece noi, molto più modestamente e senza avere la benché minima pretesa artistica, vorremmo invertire il discorso, anzi la prospettiva, guardando i bambini… podisticamente palando, vale a dire osservando come si comportano, i bambini e gli adulti, nei riguardi della pratica sportiva relativa all’avviamento dell’Atletica Leggera.

Dall’atteggiamento del bambino e dell’adulto che lo segue, allenatore o genitore che sia, possiamo intuire le personalità dei due. Anche nel caso, anzi soprattutto, che i due fossero impegnati in un gioco (quale comunque dovrebbe sempre essere) e non in un piccolo gesto sportivo, è del tutto evidente la personalità, potenziale e in formazione, del bambino. Se ad esempio il bambino pare riottoso all’insegnamento, fino al punto da rifiutare l’aiuto nello svolgersi dell’esercizio, non significa necessariamente che egli sia refrattario al rapporto con l’adulto, ma il più delle volte è una semplice dimostrazione di quanto voglia in realtà “fare da solo”, per rimarcare la sua volontà di crescita che si esprime con la ricerca di essere autonomo. Tutti sappiamo che per gli uomini, da quando cominciano a camminare, è un piacere fondamentale lo sperimentare e l’affermare in maniera indipendente le proprie capacità. Un bambino, privato di questo tipo di esperienza, può diventare da adulto una persona passiva, poco incline a impegnarsi e a lottare per conseguire gli obiettivi prefissati.

Un altro atteggiamento deve farci riflettere, quello del bambino voglioso di dare soddisfazioni al genitore o all’allenatore, riuscendo a primeggiare in una qualche garetta iniziale. Il problema in questo caso diventa mantenere le aspettative, anche quando il livello comincia a salire. Così, il piacere di sperimentare i propri limiti può fare strada all’ansia di non riuscire più a soddisfare le aspettative dell’adulto, ottenendo il risultato di fare aumentare nel bambino un senso di frustrazione e di inadeguatezza che può sfociare anche nell’abbandono. Paradossalmente, può capitare che un bambino soggetto a meno pressioni, o che comunque senta meno pressioni, possa riuscire più di colui maggiormente caricato da certe aspettative e quindi di responsabilità. E’ il classico caso, piuttosto frequente, di chi ha imparato a trarre divertimento dal confronto e riesce a vivere a fondo il presente, perché non è distolto da preoccupazioni su ciò che potrebbe accadere alla sua persona se non gli arride il successo. Per l’adulto è un “compito complicato” riuscire a trasmettere due atteggiamenti in apparenza in antitesi tra di loro: da un lato, allenarsi con impegno, però allo stesso tempo non rinunciare a vivere ogni gara come un’occasione di puro e semplice divertimento, sia pure con lo stimolo dell’avversario da superare e dal personal best da migliorare.

Bisognerebbe non trasmettere ai bambini la sensazione che i loro probabili successi possano causarci delle gioie incredibili. In futuro, i bambini cercheranno sempre di avere l’approvazione incondizionata degli adulti, derivante dal risultato conseguito. Ma questa condizione che si radicherà nella loro personalità li porterà a ricercare, in tutto in quello che faranno, la situazione in cui si possa manifestare l’approvazione di cui hanno bisogno, connotando in modo irreversibile il loro modo di vivere. Per cui, l’adulto che segue il bambino sarà bene che “finga” di essere “solo” contento del successo sportivo, mentre in cuor suo “speri” di avere contribuito alla sana e corretta formazione di una futura personalità libera da ogni forma di condizionamento.

Tutti i bambini cercano inconsapevolmente occasioni per sperimentare il senso della propria competenza, della propria efficacia sulla realtà, con il gioco o con quello che gli somiglia, come può e deve essere l’avviamento alla pratica dell’Atletica Leggera. Accompagniamoli in questo percorso, con cautela, discrezione ed amicizia.

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