Una tendenza nelle scarpe A2

La scarpa podistica è… una specie in via di evoluzione… Nel senso che da quando si è distaccata dall’essere considerata una “scarpa da tennis”, comprendendo con fierezza che aveva una sua precisa ragione di essere, ha intrapreso, è il caso di dire, un “cammino” ancora tutto da esplorare, un cammino fatto di continue elaborazioni e soluzioni per le esigenze dei podisti. Sono infatti assai consistenti le trasformazioni che essa ha subìto nel corso degli anni, a tal punto che se messi a confronto un modello di fine anni ’70 con uno attuale, quasi si stenta a credere che col primo sono stati conseguiti certi tempi e battuti svariati primati. Non sono soltanto i colori a cambiare, è ovvio, ma lo sono soprattutto i materiali e il cosiddetto “design”, il quale è il giusto coronamento di un processo di progettazione culminato nella sintesi del prodotto finito.

Già, i progettisti… Chi sono i progettisti? Sono quelle persone specializzate nell’ascolto degli “umori” dei podisti, cioè le loro osservazioni, spesso le loro lamentele, degli atleti evoluti o degli amatori, non importa. Anzi, per quanto attiene i secondi, i progettisti sono più “attenti”, poiché gli amatori rappresentano il “mercato”, il grande serbatoio nel quale devono confluire le produzioni. Se poi, come quasi sempre avviene, le innovazioni comportano dei miglioramenti al comfort e alle prestazioni, tanto meglio. Prendiamo il caso del possibile fastidio prodotto dal contatto fra la tomaia della scarpa e il malleolo (quell’osso laterale sinistro sporgente dalla caviglia). Accade sovente che nei podisti si avverta una dolorosa frizione fra queste due parti, la quale lascia come una ferita che è in grado perfino di inibire la corsa.

In apparenza, il problema è molto semplice: basta ridurre di un pochettino lo strato di tomaia nel tratto della conchiglia (dove alloggia il tallone), e la difficoltà svanisce. Tutto a posto. Purtroppo, non è così, o meglio, non sempre è così. La circostanza investe la moltitudine dei podisti e quindi tutta la vasta gamma dei podisti…, di quelli veloci e di quelli, a gradazione differente, meno veloci. Non a caso, le offerte variano dalle A1 (superleggere), alle A4 (stabili)… Si potrebbero verificare imbarazzi applicativi per gli atleti veloci… Spieghiamo meglio… Poiché gli atleti che prediligono gli appoggi ammortizzanti o che ne garantiscono la stabilità non sono propriamente veloci, non se ne accorgerebbero nemmeno che sono stati sottratti due o tre millimetri alla tomaia della loro scarpa A3 o A4. Anzi, troverebbero la calzatura molto più confortevole e plaudirebbero ai progettisti per tale miglioramento tecnico. Ma agli atleti veloci, poniamo appunto coloro che usassero la A2, o per quanto amatori volessero diversificare gli allenamenti, proponendosi di svolgerne alcuni di tipo anaerobico, avendo necessità quindi di usare una scarpa più leggera e reattiva, nel senso letterario del termine, “scapperebbe” il piede dalla scarpa, venendo a mancare l’avvolgimento della conchiglia che trattiene e protegge il calcagno. Per sopperire all’inconveniente, i progettisti hanno dovuto ideare il restringimento della tomaia alla fasciatura del collo piede, in modo tale da trattenerlo meglio nell’atto della rullata. Forse, ai podisti che stanno provando,… “sul campo”, questa novità, può venire il sospetto che la scarpa avente la tomaia stretta alla fasciatura del collo piede sia una calzatura per donna podista, perché proverbialmente esiste “Cenerentola” e non il corrispettivo maschietto… Ma non è così. La differenza anatomica fra maschio e femmina, per quanto riguarda diciamo “questo settore”, inerisce solo l’altezza dell’arco plantare e la larghezza dell’avampiede, non quindi il collo piede come lo stiamo esaminando.

Andiamo verso un miglioramento della sperimentazione per quanto riguarda la scarpa podistica? Crediamo e speriamo di sì, perché le innovazioni sono sempre… un cammino verso il futuro.

 

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