Il miele e il meraviglioso mondo delle api

Il miele è un alimento utilissimo nel podismo. Le sue proprietà sono arcinote e quasi quasi ci vergogniamo di doverle ricordare, quasi scusandoci con chi ci legge, per le ovvietà che stiamo per elencare. Ma ciò che ci spinge questa volta a parlare del miele è l’incredibile sistema organizzativo che sorregge questo insetto per noi preziosissimo. Detto quindi rapidamente che il miele contiene (per ogni 100 grammi di prodotto):

  • calorie 310 Kcal
  • zuccheri 80  g
  • fibra 0,2 g
  • proteine 0,3 g
  • lipidi 0 g
  • potassio              52 mg
  • sodio 4 mg

 e che contiene vitamine, enzimi, ed altri principi nutritivi, perché è un alimento naturale che arriva sulle nostre tavole così come lo hanno prodotto le ali; che è utile prima e dopo uno sforzo atletico; che combatte gli stati infiammatori; che è un blando lassativo; che gli zuccheri che contiene hanno un potere dolcificante maggiore del saccarosio (il normale zucchero da cucina); che non deve essere appiccicoso, che non deve contenere troppa acqua (massimo un 20%); che lasciato a riposo, deve cristallizzare; che i mieli più scuri hanno degli antiossidanti migliori rispetto a quelli più chiari…; passiamo al “meraviglioso mondo delle api”.

L’organizzazione della vita delle api e fra le più interessanti, poiché esse ne hanno una, così complicata e complessa, che ancora molto ci resta da studiare e da comprendere. Le api vivono in quelle che in un certo senso potremmo definire “caste”: “operaie”, “regine”, “pecchioni”, detti anche “maschi”. Esse, nonostante questa netta distinzione, lavorano tutte nello stesso modo, cioè uniformando il loro fare nell’interesse esclusivo della comunità a cui appartengono, senza tener conto mai del loro interesse personale. In effetti, le api si dividono il compito fra le quelle che materialmente succhiano il polline dai fiori (chiamate “bottinatrici”), ricavandone il nettare che trasportano all’alveare e quelle che, passandoselo di bocca in bocca e arricchendolo perciò di preziosi enzimi (le api “operaie” propriamente dette), lo sistemano in celle rivestite da un sottile, ma sicuro, rivestimento di cera.

Le api operaie nascono da un uovo fecondato e depositato dalla regina in una cella dell’alveare (la loro “casa”), vengono nutrite per 6 giorni dalle api nutrici e poi, chiusa la cella, secernono un sottile filo di seta con il quale formano il bozzolo in cui si racchiudono per 21 giorni, al termine del quale escono, pronte a cominciare la loro vita di lavoro, che avrà termine solo con la morte. Esse sono più piccole delle regine ed hanno lingua e mandibola molto sviluppate, zampe fornite di ciuffi di peli con cui tolgono il polline dai fiori, per ricavarne il nettare, trasformarlo in miele e farne in tal modo cibo per le altre api più giovani. Giunte a completa maturità, si nutrono di miele e secernono la cera, sostanza con la quale formano le celle che poi dovranno mantenere pulite e ventilate mediante il movimento delle ali. In realtà, tale movimento molto vorticoso delle ali, si attua affinché il miele perda acqua, per prevenire e scongiurare la formazione di muffe e batteri e rendere perciò il miele che ne resta assolutamente integro e sano. Ancora una volta ricordiamo che le api operaie combattono il nemico con ammirevole coraggio, senza aspettarsi nessun tipo di compenso o di gratitudine: esse agiscono così, naturalmente, per il bisogno e l’interesse esclusivo della comunità in cui vivono.

Anche la regina nasce da un uovo simile a quello dell’ape operaia, ma non appena ne esce la larva, essa viene nutrita con cibo speciale, adatto alla sua futura funzione “generatrice”. Dopo 16 giorni, lo sviluppo dell’ape regina è completo ed essa esce dalla cella, vola per l’alveare alla ricerca delle principesse, o di altre regine, si scaglia contro di loro e servendosi del suo pungiglione ricurvo le uccide oppure ne resta uccisa. Se risulta vincitrice, aspetta una bella giornata, per uscire in cerca di un compagno, che la feconderà. Questi, nello stesso momento, ne morirà, assolvendo così anch’esso al compito di dedicare la propria vita al bene della collettività. Intanto, l’ape regina tornerà all’alveare, per deporre le uova, le quali se fecondate daranno api operaie o regine, viceversa, se non fecondate, daranno maschi o pecchioni. Essa depone, durante la stagione del miele, circa 3000 uova al giorno; in seguito meno, in relazione al cibo che le api operaie riusciranno a procurarle nelle altre stagioni.

I pecchioni, nati da uova non fecondate, hanno come unico scopo della loro vita l’accoppiamento con la regina, avvenuto il quale trovano la morte. Essi vivono in completo ozio e tranquillità, almeno fino a quando il cibo nella colonia scarseggia, perché eventualmente saranno i primi ad essere uccisi.

Riconosciamo dunque alle api l’indubbio merito di fornici un alimento preziosissimo e, in un certo qual modo, una sorta di “lezione sociale”, con quel senso radicato e profondo di appartenenza ad una comunità più che al bisogno del raggiungimento di un tornaconto soggettivo. Riconosciamole anche il primato di essere l’unico insetto a non infastidirci, anzi, di aver costituito per noi, fin dalla notte dei tempi, un più che valido aiuto per tutte le nostre diverse esigenze. E proprio per questo, ci riconduciamo alle parole che, sul miele, scrisse Sant’Ambrogio:

“Tutti lo desiderano ed è dolce per re e mendicanti allo stesso modo… esso addolcisce le loro bocche, cura le loro ferite e porta medicamento nelle loro ulcere…”

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