L’annata agonistica nel podismo amatoriale

Chissà, forse è il caso di riprendere il discorso sul come intendere il podismo dal punto di vista agonistico, sia pure amatoriale. Non perché ci si crede un’autorità in materia, ma semplicemente per ripetere alcuni concetti che si pensa costituiscano le basi per una corretta applicazione dei principi fondamentali i quali, a causa delle tantissime manifestazioni oggi in calendario, “corrono” il rischio di causare fraintendimenti e confusioni.

Sorvoliamo sui podisti giovani che, ovviamente,  non sono i diretti interessati alla questione, in quanto la loro età li esclude dalla media anagrafica di coloro che praticano il podismo (come molte statistiche ci confermano) e ci concentriamo su quelli “più cresciutelli”, che vadano almeno dai trent’anni in su. Essi sono divisibili in due categorie: gli amatori che corrono contro il tempo e gli amatori che corrono per sé stessi. I primi si pongono gli obiettivi cronometrici innanzitutto e gli ostacoli che si frappongono ai loro programmi, siano essi oggettivi o soggettivi, costituiscono la parte sportiva per loro saliente e che possiamo senz’altro definire “agonistica”. Gli ostacoli oggettivi sono gli indumenti, gli allenamenti, i percorsi, le condizioni fisiche, eccetera. Gli ostacoli soggettivi sono la propria capacità di sofferenza, la tenacia, gli avversari (che fungono da stimolo), eccetera. I secondi si pongono gli obiettivi dello star bene fisicamente e mentalmente, dello stare con gli amici e a contatto (laddove è possibile) con la natura. Anche se, ad onor del vero, nel testo del certificato medico, obbligatorio per ogni anno di attività, leggiamo testualmente: “L’atleta di cui sopra sulla base della visita medica e dei relativi accertamenti non presenta controindicazioni in atto alla pratica agonistica dello sport.” Il che sembrerebbe attestare che la seconda tipologia di podisti, sia… leggermente in difetto. Ma lasciamo “correre”…

Appare chiaro che l’annata agonistica nel podismo amatoriale si diversifica in due rami, l’uno tendente ad una certa “professionalità”, con risultati cronometrici che ne attestano la costanza; l’altro che si manifesta nella partecipazione simpatica e assidua alle gare domenicali. E appare ancora più chiaro che le due classi di podisti necessitano di una diversa programmazione dell’annata podistica, in virtù proprio della loro “appartenenza”, che in entrambi i casi, ben inteso, è sicuramente lodevole e apprezzabile.

Volendo quindi consigliare l’annata podistica ad ognuna delle due categorie, suggeriremmo le seguenti cose:

  • Amatori che corrono contro il tempo. La stagione invernale (detta così impropriamente, perché si va’ dalla fine dell’estate a inizio febbraio) dovrebbe costituire il momento della “costruzione”. Quindi, palestra, fondo lento, gare di cross, preparazione per una maratona primaverile, garette domenicali intese come “lavori” (corsa media e/o progressivo), gare indoor, per campionati regionali o provinciali. Il periodo successivo (da febbraio a fine maggio) è quello in cui si concentrano gli allenamenti di qualità e quello in cui le gare domenicali a cui si partecipa sono corse a livello massimale. Gli atleti terranno in debito conto le fasi di recupero, sia nelle prove di velocità, sia nei giorni successivi a quelli delle gare a cui si è partecipato. I km settimanali si aggireranno intorno ai 100, sforandoli solo nel caso si prepari una maratona o qualche mezza maratona. Sono consigliati anche “richiami” di ginnastica e stretching, magari fatti “in proprio”, ma con una certa regolarità. Durante il periodo estivo, questo tipo di podista potrà anche smettere quasi di allenarsi, per dedicarsi con freschezza atletica alle numerose gare estive, sia per quelle valevoli per i campionati su pista, sia per quelle, a volte combattutissime, delle gare serali. Per quanto riguarda i tempi che potrebbe realizzare un ipotetico amatore appartenente a questa categoria, poniamo dai 35 ai 45 anni, potremmo ipotizzare un 37’ in una 10 km, un’ora e 24’ in una 21 km e 3 ore circa in una maratona. Detto in altri termini, dovrebbe correre grosso modo, un po’ sotto ai 4’ al km in una 10 km, a 4’ al km in una 21 km e poco sopra i 4’ in una maratona. Potremmo anche avere il coraggio di dire che il podista che corre contro il tempo lo si può riconoscere all’arrivo, dallo sguardo stravolto che si ritrova dopo lo sforzo effettuato. E qui vorremmo fermarci…, per solidarietà e rispetto verso chi ha corso dando proprio tutto quello che aveva;
  • Amatori che corrono per sé stessi. Per questa tipologia amatoriale, la partizione annuale della preparazione non è tenuta in conto in modo rigoroso. Tendenzialmente, essa si limita a dei periodi di riposo forzati (meglio se coincidenti con l’estate, per “staccare la spina”…) nei casi malaugurati di infortuni. Ma se tutto procede tranquillamente com’è nelle intenzioni, la preparazione annuale si trasforma in quella settimanale, dove la corsa, anche quotidiana, è vista come il mezzo che consente di affrontare degnamente la gara domenicale. Il numero dei km percorsi settimanalmente si aggira intorno ai 60/70 e arriva a sfiorare i 100 solo nel caso di qualche 21 km o di una maratona. In termini cronometrici, non andiamo lontano dal considerare un tempo oscillante di 4’ e 30” al km, in una 10 km, un poco sotto ai 5’ al km in una 21 km e un poco sopra i 5’ al km in una maratona. C’è da dire che chi appartiene a questa categoria arriva al traguardo sempre col sorriso sulla labbra e che ritiene, a ragione, di aver conseguito il suo brillante risultato per il quale si era impegnato nelle sue uscite giornaliere. Tutto vero. Però, chissà, la freschezza con la quale si ritrova al termine della gara gli poteva portare qualche ulteriore soddisfazione, solo se avesse… spinto di più sull’acceleratore.

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