Ipotesi di Atletica Leggera in Italia

Per risollevare le sorti dell’Atletica Leggera in Italia si dovrebbero prendere a modello gli altri sport, non trincerarsi dietro la supponente considerazione di essere la “regina degli sport” e perciò aspettarsi chissà quali miracoli in elargizioni ministeriali, in proselitismo e in risultati. Infatti, basta dare un rapido sguardo alla situazione per accorgersi di quanto siano miserevoli i fondi destinati, pochi (rapportati agli sport nazionali) gli iscritti e quasi nulli i risultati conseguiti nelle maggiori competizioni internazionali (su quelle nazionali stendiamo il classico, e purtroppo ricorrente, “velo pietoso”). Urge…, urgerebbe una svolta.

Per diventare uno sport nazionale, cioè per incidere nella mentalità di un popolo, bisogna che i canoni sportivi siano riconosciuti dalle persone come propri. Nell’immediato dopoguerra, ad esempio, il ciclismo ebbe una clamorosa diffusione a causa dell’identificazione del cittadino medio che si ritrovava perfettamente all’unisono con l’anelito della sofferenza personale quale possibile riscatto da una condizione di estrema provvisorietà. Fenomeno che il calcio non ha dovuto inseguire, per continuare l’esempio con un altro storico sport nazionale, a causa della sua fortissima componente ludica, tipica di ogni fase dell’età di un individuo, che ne ha fatto per tanto da sempre uno sport che vorremmo definire oltre che popolare “immediato”. Ecco, l’Atletica Leggera dovrebbe riuscire ad incidere, più o meno, come questi due sport nazionali. Dal momento che non lo può, per il momento storico-sociale neanche lontanamente paragonabile a quello del dopoguerra e nemmeno può illudersi di rappresentare il modello della pratica sportiva giocosa e di squadra come si verifica nel calcio, deve secondo noi necessariamente “imporlo dall’alto”, mediante una rivoluzione nei programmi scolastici nazionali, a partire dalla scuola primaria. Facendo così, ponendo l’educazione fisica nelle scuole di ogni ordine e grado al primo piano, anche prevedendo a regolamento l’elargizione di borse di studio, prevedendo per legge l’assunzione diretta nella pubblica amministrazione per i più meritevoli e ripristinando tutta una serie di attività del tipo i “Giochi della Gioventù”, si otterrebbe una platea sterminata di praticanti, in grado tra l’altro di attirare sponsor a tutti i livelli e per tutte le occasioni.

A fronte di una situazione così delineata, andrebbero a perdere d’importanza le squadre militari, che pure tentano di fare, da sempre, del loro meglio, ma che purtroppo non possono che restare ai margini di un vero e reale movimento di massa che non esiste. Con l’introduzione degli sponsor nella costituzioni di squadre sportive di Atletica Leggera, avremmo un gran numero di partecipanti a competizioni che potrebbero diventare una sorta di Campionato Nazionale, in cui “ogni singola giornata” sarebbe lo svolgimento di un meeting regionale. La qual cosa significherebbe ridare fiato alle asfittiche strutture regionali, che oggi illanguidiscono, anche creando e realizzando delle “Scuole di Atletica Leggera” oggi praticamente inesistenti. Alla fine delle “20 prove”, cioè al termine del “campionato”, si calcolerebbero i punti delle singole squadre, sancendo lo scudetto a quella che ne avrebbe realizzati di più. Questo “campionato” potrebbe essere chiamato “Coppa Italia” e potrebbe dare, alla squadra risultata vincitrice, l’acceso immediato alla fase europea; una vera e propria “Champions  League”.

Ulteriori incentivi al movimento complessivo dell’Atletica Leggera Italiana potrebbero essere il riconoscimento “economico” per meriti sportivi. Detto dell’assunzione diretta nella Pubblica Amministrazione per meriti sportivi, si potrebbero prevedere, per i medagliati olimpici, perfino vitalizi, al pari di quelli che prendono i politici, tanto per intenderci. E inoltre, compensi consistenti per gli ottenimenti di record; italiani, ad esempio, 100.000 euro; per quelli mondiali invece, si potrebbe arrivare perfino (perché no?) al milione di euro.

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