Il PalaVesuvio di Ponticelli

Napoli, anche dal punto di vista sportivo, è una città che merita più di un rimprovero. Nonostante che abbia un trascorso storico sociale da fare invidia a qualsiasi metropoli, “galleggia” come oggi si dice, su di un’atavica considerazione, dopo che perse con l’unità d’Italia il ruolo di grande metropoli europea, cioè che tutto quello che si organizzi al suo interno debba ritenersi superficiale e approssimativo e che tutto debba risolversi in un’arcana fatalità. L’esempio più clamoroso è quello del Palavesuvio di Ponticelli.

Nato per così dire dalle ceneri del terremoto dell’80, venne dato in costruzione ad una ditta che non aveva evidentemente legami con gli addetti di atletica leggera pur presenti sul territorio, perché nell’elaborare il progetto per ciò che riguarda ad esempio la pista di atletica adottò la misura delle yarde e non quella dei metri. Se si fossero rivolte alle persone giuste, avrebbero saputo che dal 1959 la federazione internazionale di atletica leggera aveva riservato la misurazione delle gare in yarde sono nei paesi statunitensi e  anglosassoni, e solo per alcune gare, non riconosciute a livello ufficiale e che pertanto la misurazione doveva convertirsi universalmente in metri. Sarebbe bastata una semplice telefonata…, avrebbero così saputo che la misurazione della pista di atletica non doveva affatto convertirsi in yarde, perché il risultato sarebbe stato 182,88 metri (200 metri x 0,9144 yarde).

Ma non fu solo questa la stranezza che accompagnò il nascere della struttura. Una nostra fonte molto autorevole c’informa che quando venne costruito il Palavesuvio, in effetti, venne costruito… all’insaputa di tutti! Tanto è vero che a lavori ultimati qualcuno in federazione avvisò i colleghi che a Ponticelli esisteva da qualche giorno una struttura sportiva nuova di zecca e inutilizzata. Per cui venne decise di organizzarvi le prime gare che, a quanto pare, erano da considerarsi “abusive”! Totò lo diceva: “Io sono un abusivo autorizzato”! Correva l’anno 1992.

Allora, non ci stupiamo di ciò che avviene a Napoli, una città che fa’ della cultura sportiva un optional, nella migliore delle ipotesi, che lascia nell’abbandono e nell’incuria quasi tutte le sue strutture, che non riesce a organizzare una maratona caratteristica della città al pari delle più grandi città italiane (non osiamo paragonarci a quelle internazionali…), e via discorrendo.

Per tornare al nostro triste palazzetto e per piangerci addosso, perché “non ci resta che piangere”, come diceva un nostro glorioso conterraneo, vogliamo ricordare che il Palavesuvio è un struttura polifunzionale, che è capace di ospitare più di 3000 persone, che è composto da tre sale (palestra A, B e C) e dallo stesso palazzetto di atletica leggera al coperto, che in esso vi si svolgono il basket, lo judo, la lotta e il karate. Abbiamo detto “si svolgono”? Abbiamo sbagliato. Ora non più, dal 13 ottobre 2016, da quando cioè l’assessore allo Sport del Comune di Napoli, Ciro Borriello, ha dovuto dichiarare inagibile l’impianto dopo il doveroso intervento dei vigili urbani.

Che si fa’ nel frattempo? Lo abbiamo detto in premessa: si spera, si aspetta… Napoli è una città dolente e indolente, dove la fatalità è di casa, perché si sono quasi del tutto perse le tracce di una vitalità, di una passione e di una fantasia che in passato l’hanno resa celebre.

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