La cura dei dettagli

Una persona che conosco mi ha fatto i complimenti per il nuovo sito, dicendomi che è bello. Sono rimasto contento, ovvio. Però, io mi aspettavo di più, che mi dicesse perché le fosse piaciuto. Forse, non lo sapeva neanche lei, o forse non lo sapeva dire, o forse ancora non voleva fare lo sforzo per spiegarselo lei stessa. Fa’ niente, lo faccio io: rifletto su cosa ci faccia pensare che una cosa sia bella.

Secondo me, una cosa è bella quando è lavorata fin nei minimi particolari, in quelli che si chiamano “dettagli”. L’osservatore di un oggetto, ad esempio, si sofferma poco sull’oggetto osservato, se lo trova piatto, semplice, superficiale. Si pensi a un disegno di un bambino delle elementari. Si avrà il cuore intenerito, si dirà pure “bello!”, ma si tratterrà di un apprezzamento dell’opera di un bambino, della sua sensibilità in formazione, della sua genuinità. E si sarà detto bene, per carità, si sarà detto, per certi aspetti, anche la verità.

Ma se osserviamo un altro oggetto, più elaborato, ad esempio, un dipinto di Caravaggio, non lo troveremo piatto, semplice e superficiale. Anzi. Saremo subito occupati a impiegare un po’ di tempo nello scoprire quelle mani disegnate con cura quasi “maniacale”, quei capelli così attorcigliati e definiti da sembrare veri, quella luce che si effonde come per magia su tutta la tela. Ed altre cose che noteremo, via via che guarderemo l’opera. Avremo non il cuore non intenerito, ma commosso per la incredibile e vivida rappresentazione. Diremo, anzi, non avremo la forza di dirlo perché saremo senza fiato, penseremo…, “bello!”, e si tratterà di un apprezzamento dell’opera di un artista, della sua sensibilità, della sua genialità. E avremo pensato bene, per carità, perché saremo stati al cospetto della bellezza.

Quindi, quando diciamo che un oggetto è bello, lo diciamo perché abbiamo notato i dettagli, ovverosia la cura dei dettagli. In altre parole, la Bellezza, se resta non indagata, non esplorata, non è poi… tanto bella.

Possiamo fare lo stesso ragionamento, prendendo spunto da un episodio… podistico. Facciamoci caso, se vediamo da lontano un podista che sta per incrociarci, il nostro sguardo si concentra   subito sul suo abbigliamento. E via via che si avvicina, saranno i dettagli, che potremo meglio distinguere, a stabilire per noi la qualità, cioè la “bellezza”, del podista in questione: se correrà in pieno sole con un k-way, se invece lo farà con una semplice maglietta; se indosserà delle scarpette troppo leggere per il suo peso, se invece queste saranno rapportate al suo peso o al ritmo di corsa intrapreso; se il suo respiro affannoso segnalerà un ritmo di corsa approssimativo, oppure il suo respiro sarà tranquillo e regolare; se i pantaloncini saranno quelli da ciclista, a coprire qualche curva galeotta sull’addome, o se invece saranno corti e aperti, a lasciare traspirare l’interno cosce ben tornite e asciutte, che segnaleranno l’effettuazione abitudinaria di dorsali e addominali; se lo sguardo sarà costituito da occhi arrossati e spalancati nello sforzo del gesto che si compie, o se invece sarà caratterizzato da una certa tranquillità mista a serena e pacata concentrazione…

Ma chi vedo in lontananza…? C’è un podista che… mi corre incontro…, sulla stessa direzione delle automobili… Non è un podista abitudinario… Già questo “dettaglio” me lo configura come uno che corre da poco, perché per strada si deve correre nel senso opposto a quello delle automobili… Questo, è un dettaglio non da poco…

 Gli dico: “Ehi amico, fai attenzione, devi correre in senso contrario a quello delle auto…”

“Ah sì? Ok!”, mi risponde sorridendo.

E’ nata una nuova amicizia, grazie alla… cura dei dettagli.

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