Per fortuna esistono certe variazioni

Ai podisti piace interessarsi ad argomenti che possano causargli un miglioramento delle loro prestazioni cronometriche, a qualsiasi condizione ed età essi si trovino. Diciamo che ce l’hanno nel DNA…, la continua ricerca del miglioramento, il quasi ossessivo andare alla scoperta delle loro possibilità… E questo è un bene, perché i podisti sono consapevoli che solo mediante l’ascolto dei pareri di altre persone, insieme alla messa in pratica di certi suggerimenti, possono ottenere dei risultati confortanti. I podisti non sono persone che parlano e basta. Essi sanno ascoltare e sanno mettere in pratica, con attenzione prima e con sudore dopo, riuscendo a sintetizzare in concreto l’esatta procedura dell’imparare, e cioè far precedere la teoria all’applicazione della pratica.

Nella vasta letteratura degli allenamenti atti alla velocizzazione del ritmo, ci sono le variazioni, come qualsiasi podista ben sa. Esse consentono all’organismo che si allena di prepararsi a diverse sollecitazioni, sia per quanto riguarda la capacità che la potenza aerobica; e si riferiscono, nella maggior parte dei casi, a podisti che hanno in animo di essere pronti a gare di lunghe distanze. Tuttavia, esistono anche altre variazioni, utili a podisti che si trovino in alcune situazioni, vuoi per motivi… anagrafici, vuoi per situazioni… climatiche. Cerchiamo di spiegare.

Com’è noto, le classiche ripetute, quelle di 1.000 metri, da effettuare per un 7/8 volte sulla base di un determinato recupero, sono sconsigliabili a podisti che abbiamo superato i 50 anni. A costoro, meglio si dice cimentarsi nei progressivi, oppure nei fartlek. Ma anche ad un podista che non sia vicino a tale età, e che magari neanche rientri nell’ambito degli “anta”, può risultare difficile e perfino sconsigliabile, cimentarsi nelle classiche ripetute con una temperatura esterna, ad esempio, prossima allo zero gradi. In simili condizioni, anche ad un giovane podista i muscoli… si rifiutano di lavorare, essendo irrigiditi dal freddo. E la flessibilità muscolare, cosa ben nota, è alla base dell’efficienza muscolare. Cosa conviene fare allora in questi casi? Certe variazioni, meglio se in pendenza.

Si cerca e si trova un tragitto pianeggiate, sul quale fare riscaldamento, ed un altro in pendenza, che sia lungo da 100 a 300 metri. Di meno, sarebbe troppo stressante (per i muscoli), di più sarebbe troppo stancante (per l’intero organismo). Prima di uscire di casa, fare senz’altro dello stretching, comprendente qualche skip (balzello, che non è un obolo da pagare…), affinché si esca in un certo qual modo già “pronti”, dovendo effettuare (per età e per clima soprattutto) una fase di riscaldamento piuttosto accelerata. Le variazioni non dovranno superare il numero di 10, e dovranno essere concepite come delle ripetute, cioè corse come se si svolgessero in pianura (o su pista). Non esisitono pericoli di contratture, o di affaticamento, dal momento che la salita indurrà un ritmo di corsa non elevatissimo. E non ci si stancherà, per la ridotta distanza. E il recupero? Sarà lo stesso tratto, corso ovviamente (e lentamente) questa volta però in discesa.

Da non trascurare il defaticamento, cosa che molti podisti (di qualsiasi età) fanno, da effettuare sul tratto servito poco prima per il riscaldamento. Un bel 10’ di corsa lenta e sciolta, senza “pensieri” cronometrici particolari, concilia il podista con il proprio corpo e con il mondo intero!

 

 

 

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