Come migliorare il finale di gara

In un finale di una gara di fondo, giungono a qualche centinaia di metri dal traguardo alcuni atleti. Sono tutti molto stanchi e cercano di raccogliere le residue energie per disputarsi la vittoria finale allo sprint. Per qualche attimo sembrano studiarsi, poi qualcuno aumenta l’andatura, subito imitato da qualcun altro. Gli altri sono irrimediabilmente staccati. A pochi metri dal traguardo, uno dei due riesce a sopravanzare l’altro per pochissimi metri. E’ finita. Ma che strano. Pochi istanti prima sembravano avere tutti lo stesso passo. Poi, in prossimità dell’arrivo, è avvenuta come una trasformazione, soprattutto nei primi due. Cos’è successo? Gli atleti, nel finale, non sono tutti uguali.

I fattori che consentono di sprintare meglio rispetto agli avversari sono legati fra di loro e riguardano le caratteristiche muscolari, enzimatiche, endocrine, motivazionale, tecniche e perfino psicologiche. E cercare di capire cosa rende un podista più veloce di un altro nel finale di una gara è impresa azzardata. Tuttavia, è possibile tentare di accostarsi alla materia con una certa precisione, analizzando qualche particolare specifico, perché se è vero che a tutto c’è una spiegazione anche in questo caso non dovremmo discostarci molto dalla comprensione della realtà.

Aumentare nel finale la velocità alla quale si è già corsi per svariati chilometri, significa avere la possibilità di disporre una buona quantità energetica da destinare ai muscoli, che sono già in sofferenza lattacida. Se i muscoli sanno “lavorare” in condizioni di acido lattico, consentiranno all’atleta di avere a disposizione molto “carburante” per lo sprint. Però, attenzione, non si tratta tanto di “capacità lattacida” quanto di “potenza lattacida”. L’atleta in questione, dalla volata facile, un po’ per costituzione, molto per allenamenti, è in grado di trasferire ai muscoli molta più energia nell’unità di tempo, cosa che gli consente di aumentare in modo considerevole, e vistoso, la sua velocità di corsa.

Un fattore importante e, questo sì, costituzionale, è la presenza di determinati enzimi che caratterizzano le fibre muscolari dell’atleta, se sono rosse oppure bianche. Notoriamente, le fibre rosse contengono una ridotta quantità di enzimi che favorisco la velocità, mentre in quelle bianche ce n’è un’elevata concentrazione. A maggior ragione quindi, il podista deve riuscire a stimolare con anaerobici mirati (ripetute, fartlek, progressivi), enfatizzandoli nei momenti finali e riducendo in modo graduale i tempi di recupero fra le prove.

Come si vede, è tutto un insieme che si regge su di un equilbrio che a ragione si deve definire psichico-organico. Anche la mente riveste una notevole importanza sotto l’aspetto motivazionale. E’ come quando ad un uomo, in condizione di estremo pericolo, viene abbastanza naturale “prodursi” in veri e propri miracoli prestativi, come mai avrebbe pensato di riuscire a fare in condizioni di normalità. Il classico esempio dell’uomo stanco e macilento che si scopre centometrista eccelso alla vista di una tigre inferocita che gli corre dietro… da’ perfettamente l’idea di ciò che vogliamo significare.

Ma allora, in conclusione, cosa bisogna fare per migliorare lo spunto finale? Ci sono aspetti tecnici e tattici che vanno studiati. Per velocizzare lo spunto finale, sarà bene affidarsi alle tanto faticose ma utili ripetute: 10 x 1000, ad esempio, corse con i primi 700 metri veloci e con i 300 metri finali velocissimi e con tempi di recupero gradualmente ridotti, per abituare l’organismo a lavorare in condizioni di lattato. In gara, arrivare allo sprint finale avendo avuto cura di aver sprecato (meglio dire, utilizzato) il minor numero di energie a disposizione, ovviamente in relazione al ritmo che è stato imposto alla gara. Così come non farsi, come si dice in gergo, “imbottigliare”, perché lo sforzo che si potrebbe compiere per “liberarsi” e uscire allo scoperto, è possibile lo si paghi proprio nel tratto finale. Anche lo stile di corsa deve assecondare e favorire la fluidità del gesto: il bacino deve mantenersi abbastanza basso, la falcata dev’essere ampia e i piedi devono dare l’impressione di essere radenti al suolo, di scivolarvi e non di volarvi sopra. Poi, un uso costante, almeno una volta a settimana, ad esclusione del periodo di avvicinamento alla gara, di pesi e/o macchinari per incrementare il tono muscolare.

Infine, una raccomandazione. Bandite l’improvvisazione in gara e ignorate, se non siete sicuri del vostro allenamento fatto in precedenza, quella sensazione di poter sfidare l’avversario di turno nel finale della gara, perché le contratture spesso si presentano proprio quando i muscoli sono in sofferenza. O almeno, se sentite di essere in grado di riproporre le stesse situazioni che avete già provato in allenamento, allora dateci dentro. Viceversa, aspettate la prossima occasione.

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