L’equivoco di fondo

Inutile nasconderselo, nel mondo podistico affiorano spesso incomprensioni e malintesi, per non dire atteggiamenti molto lontani dal corretto vivere civile. Per cui, ultimamente, mi sono chiesto: “Cosa rende la comunicazione interpersonale tanto complicata”? Di seguito, la risposta.

La nostra difficoltà, dico “nostra” perché almeno su questo punto c’è un consenso unanime, nasce dal fatto che tutti, giustamente, abbiamo i nostri diritti, che esercitiamo nella maniera che riteniamo più opportuna. Il nostro modo di vivere contempla questa caratteristica sociale. Facciamo parte di quella cultura comunemente definita “occidentale”, in contrapposizione a quella “orientale”, comprendente l’Africa, il medioriente, i paesi dell’ex socialismo reale e l’Asia.

La domanda è: nella cultura orientale vigono gli stessi diritti? Certo che no. Per fare un esempio, un cinese che lavori per 18 ore al giorno è cosa normale, nella cultura orientale, però in quella occidentale la stessa situazione è vista come un delitto. Si dirà, è cultura differente. Ed è così.

Passiamo adesso a fare la stessa domanda iniziale: nella cultura orientale com’è la comunicazione interpersonale? E’ difficoltosa quanto la nostra? Certo che no. Quindi, la soluzione al quesito deve essere ricercata all’interno della nostra cultura, per come è strutturata, per come storicamente si è formata.

L’equivoco di fondo è che pensiamo che essere democratici significhi “avere dei diritti”, e che si debba esercitarli. Ecco una parola chiave: diritto. Mi rivolgo al vocabolario. Diritto: “Insieme delle norme che regolano i rapporti sociali”, (per estensione), “Pretesa fondata su regole etiche”. Etimologia: dal latino “dirigere”, da “dis” e “regere” = “condurre”. Quindi, come si vede, il diritto è rivolto alla società, non agli individui; per cui il diritto si occupa dei rapporti sociali e non fornisce agli individui la possibilità di muoversi a proprio piacimento.

L’equivoco di fondo continua solo se riflettiamo un momento sul fatto che per noi, essere democratici, non significa mai “avere dei doveri”, e che questi si devono… “esercitare”. Anche in questo caso dunque, mi rivolgo al vocabolario. Dovere: “Avere l’obbligo; essere necessario; derivare”.  Etimologia, dal latino, “debere”, “debitus” = “debito”. Quindi, come si vede, il dovere è rivolto agli individui, non alla società. E il dovere non consente agli individui di muoversi a proprio piacimento, come nel caso del diritto, ma lo costringe “prima” a svolgere il compito che è chiamato ad assolvere (il “debito”) per poi, ma solo poi, agire nell’ambito delle sue prerogative.

Mi sembra chiaro. Non poteva la “democrazia”, stabilire per il buon funzionamento sociale, prima la libertà delle azioni e poi la regolazione dei fatti che si erano prodotti. E’ ovvio. E’ come in un bilancio economico di una famiglia: se si vuole andare avanti bene, bisogna prima estinguere un debito, se c’è, e poi si passa ad altro. O comunque, nell’imbastire una previsione di spesa, si pondera attentamente la possibilità di non ritrovarsi in rosso.

Forse, e vi prego di non considerare la mia una semplice battuta, l’equivoco di fondo potrebbe trovare spiegazione… nell’ordine alfabetico. Noi, per abitudine consolidata diciamo, fateci caso, “diritti e doveri”. E ci siamo abituati all’idea che vengano prima i diritti e poi i doveri. Mentre, come abbiamo visto, vengono prima (molto prima) i doveri e poi (ma solo poi) i diritti!

Ultimissime riflessioni (prendetele per quello che possono valere):

il diritto è un “avere per sé” (dato egoistico);

il dovere è un “dare per gli altri” (dato collettivo);

 

volere l’applicazione dei nostri diritti, ci fa’ essere più aggressivi;

accettare l’applicazione dei nostri doveri, ci fa’ essere più buoni;

 

volere i nostri diritti, ci fa’ essere partecipi;

accettare i nostri doveri, ci fa’ essere migliori.

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