La realizzazione di un plantare

Ad un podista può capitare di avvertire qualche fastidio al piede, di non meglio precisata natura, tale da indurlo a chiedersi se non sia il caso di rivolgersi ad un medico specialista per l’eventualità di munirsi di un plantare.

Se l’incontro ha avuto un esito positivo, cioè negativo, positivo nel senso che sì, bisogna procedere con la realizzazione di un plantare, bisogna subito provvedere e rivolgersi ad un esperto che dia garanzie sul prodotto finito. La forma anatomica dell’ortesi che si andrà a realizzare, dovrà presentare particolari caratteristiche di flessibilità, plasticità, resistenza, anallergicità e adattabilità alla forma del piede.

Quali sono le tecniche per la realizzazione di un plantare e quali materiali usare? In origine si usava il cuoio o il sughero e, da un preformato standard, si adottavano tutti i correttivi. Il risultato finale, chiaramente, risentiva di una certa empiricità e dell’esperienza soggettiva, per cui era facile ottenere un prodotto troppo rigido che non si conciliava del tutto con  le esigenze specifiche del podista.

Successivamente, si è passati a realizzare delle ortesi da calco in gesso. Regolando il materiale in gesso in base alla conformità del piede, si ricavava un calco abbastanza fedele all’anatomia del piede. I risultati potevano essere positivi se venivano opportunamente interpretate le parti molli del piede e le alterazioni biomeccaniche.

Attualmente, una buona resa nella realizzazione di plantari è l’utilizzo di resine poliuretaniche a lievitazione. Tale materiale offre una buona resistenza nel tempo con soddisfacenti caratteristiche plastiche. L’anatomia del piede viene rispettata ed essendo un sistema di calco diretto si ottiene un’ottimale deformazione delle parti molli nella fase d’impronta. Però, anche con questa tecnica, si richiede la perspicacia e l’esperienza dell’operatore.

Forse la migliore tecnica in assoluto, comunque la più moderna, è quella realizzata con modalità computerizzata mediante rilevazione anatomica con digitalizzatore tridimensionale (sistema Cad  Cam). Funziona così.  Da una rappresentazione tridimensionale dell’anatomia del piede che valuta anche la deformazione delle parti molli sotto carico mercè una pedana digitalizzatrice, si ottiene il punto di partenza per la realizzazione ortesica (è l’esame baropodometrico, cioè l’analisi statica e dinamica computerizzata). Naturalmente, l’operazione si evolve a mano a mano che eventuali correzioni compensino l’intervento per la patologia in argomento. A questo punto della lavorazione, cioè dalla rappresentazione tridimensionale (Cad) è possibile un’iniziativa operativa con una fresa computerizzata (Cam). Il grande vantaggio ottenibile con tale tecnica, è la possibilità di mantenere in memoria l’intera fase della realizzazione e quindi di riproporre copie dello stesso modello assolutamente identiche all’originale.

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