La lotta contro la bilancia

Senza farci soverchie illusioni, che il podismo sia la pratica sportiva più bella di questo mondo, dobbiamo ammettere che chi si avvicina a questa disciplina lo fa’ nella quasi totalità dei casi per dimagrire. Viene un momento nella vita di molte persone, specialmente ad una certa età, che l’immagine riflessa nello specchio non corrisponde più a quella che ricordavamo qualche tempo fa…, nell’ultimo cambio di stagione. Ed è triste ammettere che la maglietta preferita è troppo aderente e non occulta, non copre, certi cuscinetti, ma per così dire li… esalta, li mette in rilievo. Ma neanche i pantaloni non… rispettano più quel foro solito, e per questo un poco consumato, della cintura, costringendoci a… rivolgerci al successivo. L’unica cosa positiva in questa circostanza è che siamo soli, costretti quindi ad essere sinceri (“l’essere umano è sincero solo quando è solo”, aforisma coniato sul momento e per la circostanza, n.d.r.). Quindi, si prende la decisione di correre per perdere peso, perché si è accumulato del grasso, soprattutto all’addome. La domanda è: perché s’ingrassa? Qual è il meccanismo, perverso e occulto, che fa’ ingrassare, che spiattella agli occhi degli altri una condizione fisica degenerata e che fa’ avvertire la fatica appena si affronta nel cammino un lieve dislivello?

La risposta più semplice e immediata è quella che magari abbiamo sempre sentito: perché si sono ingerite più calorie rispetto a quelle utilizzate nell’esercizio fisico. E’ vero, indubbiamente. Però, a dire il vero, questa risposta non spiega come mai, in un senso che potremmo definire “tecnico”, avviene l’aumento di peso. La parola chiave è “metabolismo”, che è il sistema cardine del corpo deputato al lavoro dei nutrienti (grassi, proteine e carboidrati) che ingerisce con l’alimentazione, e cioè è quel meccanismo corporeo che prende gli alimenti, li utilizza e infine li elimina. Avviene che nel nostro corpo, quando si mangia, il livello degli zuccheri nel sangue (la glicemia) aumenta, a seguito dell’ingestione dei carboidrati. Questa situazione provoca, da parte del pancreas, la secrezione dell’insulina, il cui compito è proprio quello di regolare, e quindi abbassare, il livello della glicemia. La risposta è tanto più rapida quanto più alto, evidentemente, è il carico glicemico dei carboidrati assunti.

Fino ai 35 anni, più o meno, il metabolismo si mantiene abbastanza elevato, vale a dire efficiente, perché c’è sempre crescita e/o tensione muscolare, anche senza un apprezzabile attività fisica di supporto. O meglio, i sintomi dell’iniziale abbassamento dell’efficienza metabolica non sono quasi per niente apprezzabili, o se cominciano ad esserlo, sono rubricabili nell’episodicità passeggera. Dopo, se non si mantiene allenata la massa muscolare, c’è una diminuzione della crescita dei muscoli, una mancata tonicità, e quindi si verifica un calo del tasso metabolico. Ecco che si appalesa la condizione indicata dall’equazione “meno massa muscolare=meno calorie spese”, e cioè che a parità di alimentazione nell’organismo si accumulano più calorie e che di conseguenza si aumenta di peso. Ovviamente, la sedentarietà e la scorretta alimentazione peggiorano la situazione sotto questo aspetto; da qui l’esigenza di una pratica sportiva che sia quotidiana.

A questo punto, si lascia lo specchio e si prende la bilancia, però mentre il primo arredo è facile da lasciare, il secondo è difficile da usare. Spieghiamo. Non bisogna diventare schiavi della bilancia, stare sempre lì pronti a pesarsi, per verificare l’andamento. No, assolutamente. La nostra nuova attività deve comprendere questa nuova abitudine che deve considerarsi settimanale, per dare modo al nostro corpo di adattare lentamente e gradualmente il nostro metabolismo al nuovo, come si suol dire, stile di vita. Ben inteso, questo vale anche per chi avesse già preso da tempo analoga decisione. Ci si deve pesare, serenamente, una volta a settimana, meglio se al mattino, dopo aver espletato le proprie funzioni fisiologiche. E’ sbagliato cambiare bilancia, orario, magari indumenti che si indossano.

Prima di iniziare un programma di “alleggerimento”, è bene porsi un obiettivo, in base ai consigli degli esperti del settore. Per i maschi, si dovrebbero pesare i kg equivalenti ai cm che superano il metro di altezza meno 10. Se ad esempio l’altezza è di 1,70m, i kg dovranno essere 60. Per le femmine, a causa della differenza fisiologica del bacino, un 5 kg vanno ugualmente bene; così avremmo 1,65 kg. Detto tra parentesi, nei maschi prevale il grasso addominale (effetto del testosterone, ormone tipicamente maschile), mentre nelle femmine quello gluteo-femorale.

Cosa mangiare? A proposito di bilancia, bisogna… “bilanciare” l’alimentazione: 60% carboidrati; 20% proteine; 20% fibre (percentuali da intendersi in modo non prettamente rigoroso). Rispetto alla dieta precedente, si dovranno ridurre porzioni e condimenti. Ad esempio, un piatto di 100 gr di spaghetti, diventerà di 80 gr e il cucchiaio d’olio (meglio se extravergine) si ridurrà al cucchiaino. Sarà data preferenza a piatti non elaborati, quindi, con alimenti non troppo cotti perché, specialmente gli ortaggi, perdono molti nutrienti nella cottura e sono meno digeribili. Sarà meglio organizzarsi in modo tale da mangiare un primo  e un secondo al giorno, differenziandoli nel pranzo e nella cena, rendendoli “corposi” coi contorni a base di verdura quasi per niente condita. A proposito di condimenti, il poco sale renderà i pasti un tantinello insipidi e l’olio sarà messo crudo, perché se bollito (mai fritto) affaticata il fegato. Come regolarsi per i dolci? E’ semplice, basta non esagerare come al solito sulla quantità: una fettina di torta, ad esempio, non dovrebbe neanche avvicinarsi ai 100gr, meglio la metà; e non deve mai essere costituita da crema o panna, ma soltanto da marmellata o miele, per cui l’ideale sono le crostate a base di marmellate.

E gli orari? Al mattino, colazione abbondante: oltre al caffè (non zuccherato, ma dolcificato), latte scremato, fette biscottate (mai biscotti farciti). A pranzo, a scelta, o un primo o un secondo, con contorno di verdura. Nel pomeriggio, essenzialmente frutta, poiché è ricca d’acqua e di sali  minerali, se accompagna i pasti può gonfiare lo stomaco e fermentare. A cena, il piatto alternativo a quello che è stato per il pranzo, col solito contorno di verdura. Chiudere tutti i pasti con un po’ di dolce (anche un paio di frollini), perché il dolce aumenta la sensazione di sazietà. E bere durante la giornata molta acqua, per favorire l’ottimale funzionamento del metabolismo (l’acqua è come se fosse il “lubrificante” dell’intero meccanismo).

E la corsa? La corsa incide, naturalmente. Ogni podista lo sa bene. Ripetiamolo solo per dovere di cronaca. Con la corsa lenta, si bruciano i grassi; con quella moderatamente veloce e veloce, invece, gli zuccheri. A parte tutte le altre cose che andrebbero dette, vale solo questa: con la corsa veloce il corpo richiede energie rapide da assimilare, e queste sono contenute negli zuccheri, che però proprio perché rapide nell’assorbimento, sono allo stesso modo rapide nell’esaurimento della loro funzione. L’esercizio continuato della corsa, comunque, porterà inevitabilmente all’interessato, podista abituale o meno, tutti i benefici auspicati.

Un’ultima cosa. Non aspettiamoci perdite di peso eccezionali e subitanee, dopo pochi giorni; e non lasciamoci prendere dall’entusiasmo, se si perdono dei chili quasi subito. I primi chili si perdono sempre facilmente, ma poi bisogna insistere, fino a fare diventare la dieta un’abitudine. E poi dovremmo pensare che abbiamo guadagnato un “certo” tessuto adiposo in un “certo” tempo, quasi sempre misurabile in anni e, quale logica conseguenza, dovremmo aspettare più o meno lo stesso tempo per ottenere un “certo” risultato. O  no?

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