Sui “rimedi della nonna”

L’essere umano è sempre un po’ particolare. Pur essendo tecnologicamente molto evoluto e pur vivendo in un contesto sociale che gli garantisce cultura ed assistenza, quando si ammala di una malattia diciamo domestica della quale non riesce a venirne a capo, sia per l’insorgenza e sia per il modo migliore di contrastarla, è incline a fare ricorso ai “rimedi della nonna”.

Ci siamo chiesti cosa determina in lui questa decisione, quale insondabile meccanismo si agita nel suo subconscio, a tal punto da fargli abbandonare le pregresse soluzioni praticate da anni. Mancanza di fiducia nelle case farmaceutiche? Scetticismo sulle procedure industriali dei prodotti? Paure delle sofisticazioni fraudolenti? Schifìo, scusateci il termine, delle manovre economiche relative ai costi e alla circolazione dei brevetti? Forse, tutto questo insieme, e forse altro, chissà. Ecco che allora vengono in soccorso “i rimedi della nonna”; di lei ci si può fidare, vuole solo il nostro bene, senza chiedere nulla in cambio; e inoltre utilizza solo elementi naturali, resi sicuri e preziosi dalla pratica ereditata dalle generazioni precedenti.

Prendiamo il caso dell’influenza, o del raffreddore, malanni tipici della stagione invernale.

La moderna farmacologia prevede, per contrastare gli stati influenzali, il paracetamolo e l’aspirina. Il paracetamolo (la tachipirina) ha un’azione antifebbre e antidolorifica. Contiene vitamina C e pseudoefredina, utili nei decongestionamenti nasali. L’aspirina (acido acetilsalicico) contrasta il raffreddore. Ma il paracetamolo, purché scoperto nel 1878, venne introdotto nel mercato per fini medici solo agli inizi del XX secolo. La stessa cosa accadde all’aspirina, benché la sostanza fosse già descritta in tempi antichissimi da Erodoto (il più grande storico dell’antichità) come quella sostanza, estratta dalla corteccia del salice, che faceva stare bene un popolo rispetto agli altri; così come da Ippocrate (il primo medico della storia), che la definì “sostanza amara” ricavata dalla corteccia del salice. Cosa dovevano fare allora, “le nonne”, starsene con le mani in mano ad attendere l’evoluzione scientifica e gli accordi commerciali delle case farmaceutiche? Esse invece cercarono di provvedere con la saggezza e l’esperienza dei vari tempi e si sono tramandate delle ricette, dei saperi, che hanno sfidato e vinto… i secoli dei secoli!

Vogliamo provare a vedere un “rimedio della nonna” per gli stati influenzali? Non noteremo nessun nome scientifico, difficile da scrivere e da pronunciare, ma solo quelli che troviamo normalmente in tutte le nostre cucine.

Allora, è stabilito, abbiamo l’influenza:

In caso di febbre – 1) Vino cotto, con zucchero, o miele, o cannella. Andare a dormire ben coperti per favorire la sudorazione; 2) Latte bollente con un po’ di liquore e miele. Il latte, grazie alle sostanze saline, energetiche e rilassanti che contiene, reidrata la persona che suda. Il liquore invece favorisce la traspirazione e la dispersione del calore. Il miele, corroborante e antinfettivo naturale, è l’ideale per il ripristino energetico.

In convalescenza – Insalata di cavolo, con molto limone, olio, miele, nonché pinoli e mandorle. Nel caso si abbia il naso chiuso, c’è il “suffumigio”: si respirano profondamente i vapori di una pentola di acqua bollente contenente delle foglie di salvia, o fiori di camomilla.

Non vi sembra di stare già meglio?

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