Scarpa da running e piastra in fibra di carbonio

Un amico podista mi chiede come mai le scarpe da running ultima generazione costano così tanto. Gli ho risposto perché hanno la piastra in fibra di carbonio nell’intersuola. Mi è parso soddisfatto della risposta, anche se, come sospettavo, ha continuato a brontolare sottovoce circa l’ultimo e spropositato aumento delle scarpette da running, vero “motore” della sua domanda. Per cercare di “consolarlo”, gli ho detto che è il destino della tecnologia applicata allo sport, anzi, della tecnologia applicata alla vita, visto che tutti i settori della nostra civiltà risentono, inevitabilmente e giustamente, delle trasformazioni scientifiche che si applicano in concreto alle nostre esistenze, sport compreso. Basti osservare le scarpette da running che usavamo negli anni 80, allorché esplose il fenomeno podistico, rispetto alle ultime che usiamo: c’è un abisso.

Ma, in concreto, cos’è che rende necessario lo sviluppo tecnico della calzatura? E’ sempre la solita storia: la ricerca del miglioramento della performance sportiva. Nel caso specifico, cerchiamo di scendere un po’ nel dettaglio.

In una scarpa da running la mescola dell’intersuola ha il preciso compito di dirigere l’energia dell’impatto, ma poiché il materiale da cui è costituita la indirizza in svariate direzioni, di fatto disperdendola, se ne ricava un dispendio di energia, non realizzandosi il ritorno di energia nella cosiddetta fase di spinta. Invece, con la piastra in fibra di carbonio, tutto ciò non si verifica e pertanto si ottiene un ottimale ritorno di energia nella fase di spinta, rapportabile ad un guadagno in termini di secondi al km abbastanza consistente, nell’ordine di 5-6” al km. Inoltre, c’è anche da considerare un altro aspetto. La rigidità della falcata del podista contribuisce a rendere il suo gesto più economico, consentendo alle articolazioni del piede di mantenere un assetto più rigido senza ulteriori dispersioni dovute allo sballottamento delle dita inevitabili in una sede meno stabile e controllata. Ovviamente, il tutto si traduce non soltanto nel gesto tecnico più veloce, ma anche in quello più utile dal punto di vista dell’affaticamento muscolare.

Data la situazione, si può parlare di “doping tecnologico”…? Si può ravvisare una disparità di trattamento fra un podista che usi queste scarpe e chi no…? Si può concepire un mondo podistico dimidiato fra professionisti e semplici amatori in rispetto del costo delle scarpe che usano…? La questione è aperta.. Sta di fatto che ora un po’ tutte le case produttrici stanno partecipando ad una vera e propria gara, tanto che l’AIFA (l’organismo internazionale) ha stabilito in linea di principio una regola, così che possano partire tutte dalla stessa linea di partenza, come in una vera e propria gara: lo spessore dell’intersuola non deve superare i 40 mm e la calzatura non deve contenere più di una piastra in fibra di carbonio.                  

Assisteremo, podisti interessati, a questo sviluppo tecnologico della scarpa da running, sperando che si traduca in reale progresso per l’intero movimento. E che alla lunga, come spera il mio amico e non solo lui, i costi non continuino a salire all’infinito.

 

             

 

 

 

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