I record di questo periodo

Ormai, non passa giorno senza la notizia di un nuovo primato personale, di un altro record conseguito, sia in ambito regionale che nazionale e perfino internazionale. Non passa giorno che subito si apprende che il tale atleta regionale ha migliorato il proprio personal best, che quello nazionale è risalito nella graduatoria all stars, che infine quello internazionale ha strabiliato il mondo intero, e i giudici e i giornalisti presenti, perché ha stabilito il nuovo record sulla distanza indipendentemente, tra l’altro, dalla categoria di appartenenza. Sembra quasi, a volere essere informati e aggiornati all’apprendere simili notizie, di assistere a una sorta di “dacci oggi il nostro record quotidiano” che, sia chiaro, ci conforta e ci fa’ piacere, dal momento che immediatamente allontaniamo da noi l’ombra del sospetto doping, per il semplice motivo, appunto, che tutti si migliorano. Delle due cose, l’una: o sta avvenendo qualcosa di meraviglioso, o quantomeno di significativo, o tutti hanno trovato un modo, facile ed economico, di doparsi…

E se fosse emersa in questi giorni, in questi mesi, una verità atletica spesso sottaciuta e trascurata, per un malinteso senso dei carichi di allenamenti da effettuare per raggiungere risultati di rilievo?

Abbiamo sempre pensato, giustamente, che il lavoro paga, che bisogna allenarsi duramente, e nel tempo, prima di raggiungere gli obiettivi prefissati e pianificati da una rigida programmazione. Ma non è che così facendo, abbiamo disperso tutto quello che di energetico e vitale si sovrappone a quello di esaurito e stanco frutto e conseguenza di lavori massacranti? Forse, non abbiamo saputo comprendere che la fatica quotidiana, indubbiamente necessaria alla prestazione da incorniciare, non deve mai superare l’eccesso, che non si deve correre il rischio di mortificare la freschezza di un atleta resa tale perché sottratta in qualche modo al massiccio allenamento? E’ la stessa cosa di cui qualche volta si è discusso, e che cioè bisogna arrivare alla gara allenato, ma non distrutto. E’ la stessa cosa di cui qualche volta si è discusso, e che cioè la migliore prestazione si ottiene con la freschezza, con la brillantezza, non con l’eccessiva quantità. E’ la stessa cosa di cui qualche volta si è discusso, e che cioè prima si deve allenare la quantità, ma poi si deve passare a curare la qualità…

Insomma, non è che questo Covid ci ha indotto ad un altro tipo di allenamento, più ridotto come volume, ma più ampio come intensità? Non è che, sotto sotto, stiamo riscoprendo certi valori alla luce di certi risultati? Pardon, record…?

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