Quando era il tempo delle videocassette

Un metodo sicuro per imparare a correre, uno tra i tanti, è, anzi era, quello di osservare con molta attenzione la videocassetta di una gara podistica, quando venne in uso questa modalità. Siamo agli inizi degli anni 90, podisticamente parlando, un’era glaciale fa. Nell’aria c’era una fibrillazione particolare, nell’apprezzare le immagini in movimento degli atleti con un mezzo che consentiva di assistere, anche molte volte, al gesto sportivo nella sua plastica evidenza. Non più quindi immagini statiche delle foto, o quelle rapide e “uniche” delle riprese televisive, bensì l’occasione di vedere e di rivedere a iosa tutto quello che afferiva il gusto e l’interesse personale.

Indubbiamente, era un cambiamento epocale, nell’ambito della diffusione dei mezzi tecnologici. Fino a quel momento, come si diceva, le immagini di una gara podistica erano diffuse erga omnes, e una volta soltanto, dalle emittenti televisive; oppure, erano stampate su carta mediante il procedimento fotografico, ma con la caratteristica di essere estemporanee, cioè ferme. Per chi avesse avuto interesse a “studiare” il gesto podistico nell’atto del suo movimento, in entrambi i casi si sarebbe trovato di fronte a notevoli impedimenti. Invece, con l’introduzione del nastro magnetico registrato, e col procedimento “avanti-indietro”, si poteva riprodurre l’avvenimento, o parte di esso, tutte le volte che si avrebbe voluto, con la pratica (e allora rivoluzionaria) possibilità di osservare una gara podistica sia in ambito generale, nello sviluppo complessivo della gara stessa, sia in quello particolare, soffermandosi sul singolo atleta e sulla sua singola e parcellizzata gestualità. Chi scrive, infatti, ha appreso quel poco che sa di fisiologia della corsa, dall’attenta visione di gare registrate su videocassette (che ancora quando ne ha l’opportunità rivede…). Gli apparve chiaro, fin dai primissimi filmati, che gli atleti veloci e nelle prime posizioni, dalla partenza all’arrivo, erano quasi tutti magri e con uno stile di corsa che, mentre da un lato rifletteva in modo armonico le proprie caratteristiche fisiche, da un altro rifletteva in molti dettagli quella che si dichiarava, da parti autorevoli e qualificate, essere rispondente ai canoni stilistici della corsa. Ad essi seguivano podisti di un certo rilievo, sui quali però cominciavano ad apparire dei “grammi” di sovrappeso che… avrebbero fatto meglio a non fare capolino…, e che rendevano la corsa leggermente più appesantita e faticosa, meno fluida, atteggiamento che si poteva “riscontrare” dalla smorfia di sofferenza espressa dal viso. Chiudevano il gruppo dei podisti che, pur seriamente impegnati nella corsa, trasportavano con rassegnazione il loro peso, che li obbligava ad avere uno stile approssimativo e a sopportare uno sforzo ulteriore. Quindi, in un certo senso, bastava guardare attentamente qualche videocassetta e… prendere gli opportuni provvedimenti.

Ora, invece, è andato perso questo sguardo d’insieme… Con la diffusione del telefonino, che è un bellissimo strumento, col quale è anche possibile ottenere dei video, si è modificato il rapporto col mezzo tecnologico, diventato “privato” da quello che era “pubblico”, “singolo” da quello che era “collettivo”. Col telefonino l’uomo, e quindi anche il podista in genere, si è rinchiuso in se stesso. Ha smesso di “studiare”, tra l’altro, il gesto della corsa, preferendo “ammirarsi” nella foto che magari si è autoscattata, o nel video che si è autoripreso. Una prova di quanto si afferma la si può verificare nella miriade di foto e di video presenti sul web: tutte immagini di atleti sorridenti e felici. Ne risulta un panorama podistico pieno di atleti che appaiono felici nell’atto dello sforzo, che simpaticamente salutano il fotografo di turno per farsi immortalare; tutto il contrario dei… “brutti ceffi” di una volta, sempre concentrati e tesi nella fatica della corsa.

Forse, anche per questo oggi si vedono podisti più belli, ma meno bravi….

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