Postura sbagliata, corsa rallentata

Paolo ha un altro problema: da un po’ di tempo si lamenta che gli fa’ male qualcosa nel retro coscia superiore, più o meno all’altezza dell’anca. L’altro giorno, anzi, l’altra settimana mi chiamò per dirmelo, chiedendomi se non fosse per caso sciatica. Gli risposi che mi era difficile fare una diagnosi per telefono…, ma che temevo si potesse trattare del muscolo piriforme. Poi, i fatti che si sono succeduti, corse in allenamenti e gare fatte con sofferenza…, hanno confermato la mia supposizione: è il piriforme. Allora, si è rafforzata in me la convinzione che i ripetuti malanni di Paolo non siano dovuti a semplice sfortuna, come qualcuno degli amici ha “diagnosticato” ormai da tanto tempo, ma da una sua postura sbagliata che gli fa’ insorgere fastidi e malesseri e che di volta in volta ne rallentano a corsa, sia per soste forzate e sia per allenamenti in sofferenza. Quindi, ho deciso di correre con lui, cercando di fargli vedere il modo di correre corretto e, nel contempo, fargli notare i suoi svariati atteggiamenti che andrebbero modificati. Insomma, una sorta di lezione sul campo, anzi su strada…   

In linea di principio, gli ho detto che quasi tutti i malanni dei podisti, siano essi muscolari oppure ossei, dipendono in buona sostanza dalla postura, cioè dall’atteggiamento complessivo del corpo quando effettua la cosiddetta “fase di volo”, che caratterizza la differenza fra la camminata e la corsa. Infatti, come gli ho subito fatto notare, lui tende ad avanzare… di piede, come si fa’ quando si cammina. Invece, deve iniziare ad avanzare alzando il ginocchio, altrimenti vanifica la fase di volo, la sospensione momentanea di entrambi i piedi dal suolo. E, contemporaneamente, non potrà non accorgersi che il suo piede poggerà di pianta, perché nella fase di sospensione sarà in modo inevitabile in linea parallela al tracciato, dal momento che quando si solleva il ginocchio il piede resta nella sua posizione naturale, cioè “piatta”.

Ovviamente, la “postura sbagliata” non si riduce solo a questo particolare… Con l’appoggio di tallone si ottiene un atterraggio subitaneo, a fronte di un passo allungato, per cui il busto non ha necessità di sbilanciarsi un poco in avanti, come avviene nel caso che debba “accompagnare” il ginocchio in sospensione: il movimento in avanti, col tallone, si è immediatamente realizzato… e non occorre che… partecipi il busto. Quindi, si hanno (col tempo) problemi all’anca che possiamo definire di “trascinamento” e alle ginocchia, perché costrette a lavorare senza la loro naturale fisiologia (apertura e chiusura), aggravate dal fatto che devono supportare anche tutto il peso del corpo in maniera massimale, con la conseguenza di usare (meglio sarebbe dire “consumare”) tutto il liquido sinoviale che serve per la “lubrificazione” di questi parti.

Ho concluso dicendo che il corpo reagisce ai fastidi lanciando segnali ai quali bisogna sempre dare il necessario ascolto. I segnali possono essere svariati e… il piriforme è uno di questi. Per risolvere il suo problema, Paolo deve innanzitutto riposare, chiedere un incontro al medico, seguire una certa terapia e poi, quando riprende a correre, farlo con attenzione, lentamente, con la giusta postura e senza caricarsi di chilometri e di velocità. Buona norma sarebbe, anzi, non correre tutti i giorni ed in quelli di “riposo” dedicarsi agli esercizi per rinforzare… tutto il comparto in cui è inserito il piriforme. L’esperienza insegna che “costringendo” i muscoli dell’anca, della natica e del pube e del retro coscia a mettersi in linea, si “costringe” anche il piriforme ad… uniformarsi.

Scommettiamo che fra due o tre settimane Paolo correrà come un fringuellino?

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