Gli errori da non commettere

Nella nostra carriera podistica abbiamo commesso molti errori e forse per questo ci ritroviamo nella condizione di dispensare consigli. A volere essere cattivi con noi stessi (a volte un po’ di autolesionismo fa’ proprio bene…), il famoso verso di Fabrizio De Andrè è davvero appropriato: “Chi da’ buoni consigli è perché non può più dare cattivi esempi.” E a volere farci perdonare dal destino oltreché da noi stessi, ci dedichiamo a questa piccola opera che speriamo sia ritenuta meritoria.

La prima cosa che ci viene in mente di segnalare è che la corsa non perdona niente a nessuno. Non è come la scuola, ad esempio, dove ci si può salvare, o essere fortunati: uno può non essere interrogato, se non ha studiato; oppure può essere interrogato solo su quel poco che ha studiato. Nella corsa, invece, non avviene niente di tutto questo. Anzi, qualche volta, specialmente nelle gare lunghe, non basta avere “svolto tutti i compiti a puntino”, perché basta un niente a vanificare una lunga e seria preparazione, anche per un fattore esterno indipendente dalla nostra volontà come può essere un semplice e banale raffreddore.

Divideremmo gli errori da non commettere in due grossi blocchi: prima e dopo la gara. Non contempleremmo quelli “durante”, perché a parte sporadici casi, il più delle volte la gara è sempre il riflesso di come ci siamo preparati. Ci rivolgiamo infine ad un podista di tipo medio, sia come capacità che come abitudini.

Prima di una gara, poniamo di 10 km, si deve predisporre una tabella di allenamenti di almeno un mese, durante il quale se si corre la domenica, anche partecipando ad una stracittadina, lo si deve fare pensando di “fare un lavoro”, o di corsa media o di una corsa frazionata in modo da “fare un progressivo”. Meglio il primo tipo, comunque, essendo la corsa media la corsa base nel podismo, quella che induce il podista ad assimilare la sensazione del giusto ritmo da tenere e da controllare. Per una 21 km, i mesi si raddoppiano, mentre per una maratona diventano tre (stiamo sempre parlando a un podista già… introdotto nell’ambiente).

Durante l’intero periodo della preparazione, sono da evitare i giorni consecutivi di “lavoro”, anche se ci sentiamo al massimo dell’efficienza neuro-muscolare e come si dice “le gambe girano da sole”: un eccessivo entusiasmo potrebbe costare molto caro. Meglio garantire all’organismo una sorta di parziale recupero dell’efficienza complessiva, garantendogli a giorni alterni degli opportuni e salutari recuperi mediante la corsa lenta. Sempre per la corsa lenta, è opportuno non farla né troppo lenta, né troppo spesso: nel primo caso, si caricano troppo le ginocchia, cadendo pesantemente sulle giunture, rinunciando alla scioltezza della corsa più sciolta; nel secondo, ci si abitua e ci si annoia con un ritmo sempre uguale, “correndo” il rischio di limitare l’entusiasmo che ci spinge a raggiungere certi obiettivi.

Infine, nell’ambito di una preparazione ad una gara, ma diremmo alle gare in generale, è necessario “simularle” in qualche allenamento anaerobico, quando cioè, come nelle gare, si parte forte e si arriva ancora più forte. Questo tipo di “lavoro” andrebbe fatto da solo, o al limite con un compagno notoriamente un po’ più veloce, così da seguirne la scia e lo stimolo che ne deriva dal… non perderlo di vista.

Per quanto riguarda gli errori da evitare dopo la gara, è bene sapere che essi si presentano appena superata la linea del traguardo; non molto tempo dopo, quindi, ma subito. Non si deve pensare “vabbé, ormai è finita”, perché il corpo stressato dall’impegno agonistico ha bisogno del cosiddetto “ritorno alla calma”, il che se avviene per un allenamento, figuriamoci in quali dimensioni avviene per una gara. Dunque, calma e gesso, come si suol dire. Subito dopo l’arrivo, qualche sorso d’acqua è l’ideale, per accompagnare il nostro povero organismo nella piacevole condizione del rilassamento. Un corpo, quando è stanco, vuole solo riposare, non mangiare. Ricordiamocelo: la stanchezza vuole il riposo; la fame vuole il cibo. Quando saranno trascorse un paio d’ore, avvertiremo il giusto e fisiologico languorino e solo allora, senza abbuffate particolari, ci alimenteremo con cibi abbastanza naturali (un bel piatto di pasta non ha mai ammazzato nessuno) e che magari contengano una certa percentuale di aminoacidi, per favorire il recupero delle fibre muscolari lese dallo sforzo.

Altro pericolo incombente del “dopo gara” è il “giorno dopo”, non soltanto per il notorio indolenzimento alle gambe. Sia nel caso che dalla gara abbiamo ricevuto entusiasmo per il buon riscontro cronometrico, sia nel caso opposto che ne abbiamo avuto una delusione, non dobbiamo assolutamente farci prendere dalla voglia di riprendere subito gli allenamenti veri e propri, come se avessimo fatto una semplice passeggiata. Il giorno dopo va’ fatto, in ogni caso, un allenamento rigenerante, magari su di un terreno morbibo, per agevolare il ripristino graduale del movimento. Noi, in passato,nei casi in cui abbiamo affrettato la ripresa degli allenamenti, ci siamo resi conto che la fatica comunque si presenta dopo un 36-48 ore dopo la gara: è come se il nostro corpo, prima di un certo tempo, poniamo un paio di giorni, avesse bisogno di muoversi in assoluta lentezza. Diciamo anche che, correndo in questo modo, si attua un vero e proprio massaggio ai muscoli delle gambe, favorendo  la migliore vascolarizzazione. Diciamo che, se proprio ci si sente bene, il martedì successivo è possibile fare una bella corsettina al ritmo della corsa media (sempre preceduta da un adeguato riscaldamento…).

Insomma, gli errori da non commettere sono tanti e possono variare da podista a podista. Averli focalizzati in alcuni momenti, non esaurisce di certo la… “vasta gamma” degli accadimenti negativi, che spaziano dall’abbigliamento, all’alimentazione, dagli allenamenti, eccetera eccetera. Anzi, più si entra nella sfera personale, più si comprende come possano essere “multiformi”.

Però, in chiusura di articolo, vorremmo spendere qualche parola buona per gli errori. Essi ci consentono di imparare le lezioni che ci fanno diventare (se non le dimentichiamo…) dei buoni podisti. In un certo senso, quindi, dovremmo essere grati agli errori, almeno alla loro prima apparizione: senza questa “salutare” presenza saremmo destinati a correre non avvertendo l’intima soddisfazione di avere aumentato il grado della nostra conoscenza e, di conseguenza, della nostra autostima.

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