All’ombra dell’ultimo sole

Qual è il momento migliore per correre durante l’estate? Non abbiamo dubbi: al tramonto, quando gli ultimi raggi di sole (arriviamo perfino a immaginarne l’ultimo…) non procurano nessuna sensazione di sofferenza per la temperatura. Durante il pomeriggio inoltrato, o nella sera incipiente se preferite, tutto sembra più calmo e meno concitato e si ha la tranquillità di correre nelle migliori condizioni psicofisiche. Non bisognerebbe dimenticare che si è per lo più in ferie e che si possono disattendere le solite abitudini, il lavoro, la scuola, eccetera, che sottraggono comunque il piacere di bighellonare per casa al mattino e di non uscire a correre, per strappare all’intera giornata lo spazio e il tempo necessari per praticare il nostro passatempo preferito.

Ma c’è anche un altro aspetto, molto concreto, che ci spinge a preferire la corsa nel pomeriggio inoltrato, quando il sole comincia la sua parabola discendente. D’estate, le gare tanto simpatiche che si svolgono intorno alle località turistiche (spesso perfino nel loro centro), hanno inizio proprio verso quell’ora e abituarsi a correre di pomeriggio, per così dire, aiuta il metabolismo. Al limite, al mattino presto, una mezzoretta di corsa lenta può servire a scaricare le tossine della gara della sera precedente, specialmente se si è impegnati in un giro a tappe.

D’altronde, abituarsi a correre durante il pomeriggio inoltrato, può anche significare mantenere un giusto equilibrio alimentare, mangiando molto al mattino, com’è giusto che si faccia, ma mantenersi però più leggeri a pranzo, per potere correre poi con tranquillità. A sera tardi, a cena (d’estate i tempi si allungano…), si potranno reintegrare tutte le sostanze necessarie, sempre nell’ambito della corretta alimentazione, magari sorseggiando un qualcosa di fresco, nel mentre si passeggia lentamente sul lungomare.

L’estate è bella anche per questo: la rottura di certi schemi. O forse è più corretto dire: il piacere di variare temporaneamente qualche schema, non per rivoluzionare l’esistenza, ma per operare una sorta di scarico mentale.

 

 

 

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