Quando e come migliorare il record personale

Parlando a più riprese con amici podisti in merito agli infiniti scenari che la corsa comporta…, ci siamo spesso soffermati sull’aspetto relativo alla preparazione con l’obiettivo di migliorare il proprio record personale, ravvisando nella maggioranza dei casi quanto il desiderio prevalga sulla realtà, nel senso che gli interessati tendono a sottovalutare l’elemento pratico rispetto a quello emotivo, come se bastasse far leva soprattutto su quest’ultimo per riuscire nell’intento. Purtroppo, non è così, altrimenti… si migliorerebbero d’incanto quasi tutti i record personali dei podisti, perché a voler mettere la passione nelle cose, non ci vuole niente, mentre è cosa ben più ardua inserirci i dati pratici (allenamenti e non solo) della realtà effettiva.

Fatta questa che a noi sembra una doverosa premessa, ne occorre fare qualcun’altra, bisogna cioè distinguere fra il podista e la gara a cui tende, vale a dire se è un atleta esperto oppure no e se la competizione per cui si prepara è una gara su pista o su strada, oppure (com’è facile che sia, vista la frequenza domenicale che vi si registra) è una 10 km, una mezza maratona, o una maratona. Ogni podista, anche il meno esperto, comprende che per qualsiasi gara si voglia partecipare, la preparazione deve adattarsi alla… specificità della richiesta. E qui non staremo certamente a dire le singole caratteristiche che accompagnano e distinguono le tre gare, data la monumentale mole di letteratura in proposito, bensì ci limiteremo ad alcune note, a carattere prevalentemente generale, ma che tuttavia secondo il nostro modesto parere sono decisive ai fini di un ottenimento del risultato sperato. 

Prenderemo in esame un podista medio, sui 40 anni, che “viaggia” su di una 10 km al ritmo di 4’ al km, con un 5 anni di “carriera” alle spalle. Ciò vuol dire che ha già corso almeno una maratona, una dozzina di 21 km e una quarantina di 10 km. Vuol dire anche, cosa non da poco, che ha superato la fase iniziale della sua esperienza, diciamo i primi due anni, quando ha registrato i suoi migliori risultati e che si trova dunque in una condizione di sufficiente maturità podistica. Ebbene, costui correrà la 10 km in 40’, la mezza in 1h e 24’ e la maratona in 3h e 20’. Ora, se volesse per così dire “infrangere” i suoi muri, cosa dovrebbe fare? Concentriamoci sulla 10 km, perché sia per la mezza che per la maratona il discorso inerisce anche un allenamento particolare, il cosiddetto “lungo”, oltre a qualche altro “dettaglio” che potrebbe fuorviarci. Diciamo soltanto che nel caso della maratona, mediamente parlando, occorrono 6 mesi per prepararla, mentre per una mezza si scende a 4 e per una 10 a 3, che poi per quest’ultima non sono così tanti come potrebbero sembrare. Certo, per chi come il nostro podista di riferimento è abituato a correre una 10 km quasi tutte le domeniche, il periodo può apparire eccessivamente guardingo. Ma qui si parla di riuscire a stabilire un primato, sia pure a livello personale. Quindi, bisogna pianificare.

Per velocizzare il ritmo, il nostro amico podista dovrà fare, oltre ai medi, ai progressivi, ai fondo lenti, agli esercizi, bla bla bla bla, le ripetute. E’ inutile girarci intorno, molto, quasi tutto, si riduce a fare le ripetute. Le ripetute sono quelle sollecitazioni alla velocità somministrate al nostro organismo, affinché si abitui gradualmente alle… nuove esigenze. Sono degli strappi furiosi, corsi al massimo della velocità possibile, sia pure per brevi tratti, e che necessitano di un altrettanto breve periodo intervallato di recupero, per consentire all’organismo di ripristinare la funzionalità iniziale. Si comprende facilmente come questo “lavoro” non si esaurisce nel breve volgere di una settimana e che necessita quindi di un congruo periodo di assimilazione. Il guaio è che le ripetute è preferibile effettuarle una sola volta a settimana, per cui vanno organizzate in un arco di tempo abbastanza ampio, se l’obiettivo è quello di guadagnare qualche secondo in meno al km in una gara che ne conta 10 consecutivi. Come può avvenire, in effetti, questo miglioramento?

Lo schema base delle ripetute può essere quello di correre 8 tratti di 1000 metri con 3’ di recupero tra le prove. E’ importante che le prove siano omogenee e che i recuperi vengano rispettati. Non ha senso se delle ripetute, magari le ultime, vengano corse a 10” in più del previsto, o che i recuperi siano più volte superiori ai 3’; entrambe le condizioni non sarebbero allenanti. Potenzialmente, se il nostro podista corre i 10 km in 40’, significa che le ripetute 8×1000 è nella condizione di farle in poco meno di 4’, diciamo in 3’ e 55”, perché in gara si perdono più o meno 5” al km. E non è facile abituare un organismo a migliorarsi di tanto quasi subitaneamente, bisogna concedergli un po’ di tempo. In 12 settimane si può riuscire. Si tratta, in definitiva, di erodere gradualmente qualche secondo a settimana, avendo cura di spingere un poco oltre i propri limiti, stimolando l’organismo a farlo, avendo attenzione al mantenimento del recupero, che non sia troppo corto oppure troppo lungo. Stando all’esempio che si riporta, le singole prove dovrebbero cominciare ad essere di 3’ e 55”, ma già dalla settimana seguente, risultare di almeno un secondo netto in meno. Si dovrebbe fare in modo che ogni mese l’organismo  assimilasse un paio di secondi in meno a ripetuta e che parallelamente ad ogni mese corrispondesse un recupero inferiore di due secondi circa.                                                                                             

Per chiudere, vorremmo dare un suggerimento sul periodo più indicato per cimentarsi con le ripetute: la primavera. E poi, soprattutto, vorremmo dare una raccomandazione: se c’è qualche problema, anche lieve, cambiate obiettivo, anzi, rimandatelo.

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