Storia della medicina…, podisticamente (3^ parte)

Da Galeno a Paracelso

L’influsso fondamentale di Galeno, l’importanza dello studio e dell’approfondimento personale per la medicina, si protrasse per molti secoli; dal periodo della decadenza dell’impero romano, attraversando l’alto medioevo, per arrivare alla fine dell’umanesimo, si contano grosso modo un migliaio di anni. Però, questa notevole importanza della volontà individuale, ai fini di un miglioramento della figura del medico, costituisce anche il suo limite oggettivo; si finì col dare troppa importanza al singolo, a discapito della collettività. Ci si convinse che la professionalità del medico si ricavasse solo da un impegno personale e che si potesse usufruirne, quindi, solo appartenendo ad una determinata e ben abbiente categoria sociale.

Il più illustre rappresentante di questo periodo sembra essere Paracelso (1493-1541). Egli incarnò alla perfezione il modello del medico studioso, approfondito, onnisciente, anche di pratiche misterosofiche. Di lui si riteneva fosse una sorta di mago, che fosse il depositario di conoscenze esclusive, attribuibili soltanto alla sua smisurata sapienza.

Egli operò uno strappo col passato, anteponendo a tutto il valore dell’esperienza e dell’alchimia. Ecco, la pratica dell’alchimia, vista dalla massa degli incolti quale ricerca dell’elisir di lunga vita, mentre in realtà altri non era che ricerca e studio di materiali utili per la medicina. Ma mancando una precisa classe medica e una base sociale adeguata, i suoi esperimenti erano visti come arcana sapienza a cui piegarsi. Invece Paracelso introdusse i sali minerali quali materie fondamentali per la medicina. Tutto qui: sale, zolfo, mercurio quali responsabili delle trasformazioni e dei cambiamenti.

Ma tutto questo non fa’ che rafforzare la convinzione di quanto lontana sia stata la realtà sociale dalla dimensione umana, di quanto cioè le masse siano state escluse dai miglioramenti scientifici che via via nel corso dei secoli sono stati effettuati dagli uomini. Nonostante si predicasse l’amore per i poveri, di aiutare i bisognosi, poco e niente si faceva, perché la cultura dominante era sempre contrassegnata dal potere dei pochi (a volte dei pochissimi) a discapito dei molti (a volte dei moltissimi). Si pensi, ad esempio, alle numerose epidemie: mancavano strutture mediche sociali in grado di fronteggiarle, perché mancava una base politica adatta a generarla. Le poche confraternite che operavano in tal senso erano quelle che ospitavano e accudivano i pellegrini in visita ai santuari, o i partecipanti alle crociate. Attività meritevoli, ma di ripiego e di circostanza, nulla a che vedere con un’organizzazione sociale degna di questo nome.

In questo lungo periodo, trovarono facili sbocchi avventurieri di tutti i tipi, ai quali bastava calarsi nei panni di guaritore per fare presa sulla credulità ed ignoranza dei più, per trarne vantaggi anche consistenti. Un semplice individuo, benché di umili origini, se dotato di immaginazione e di spirito d’iniziativa, poteva assurgere ai fasti della notorietà. Chiedere ad un certo Cagliostro per averne conferma. Era il trionfo dell’individuo, perché la società non era ancora in grado di emanciparsi, sia dall’ignoranza, sia dalla politica autoritaria, sia dalla religione centralizzata. Era una società, per così dire, bloccata. Ma già i germi del cambiamento cominciavano a intravedersi lungo l’orizzonte delineato dagli impulsi dell’ Illuminismo….

 

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