Scompensi umorali durante i periodi di stop forzati

Direttamente ispirati da un amico podista che si trova nell’ incresciosa situazione, questa volta ci occupiamo degli “scompensi umorali durante i periodi di stop forzato”, un argomento che purtroppo riguarda un po’ tutti. Infatti, qualsiasi podista, di qualsiasi livello egli sia, prima o poi deve fare i conti con questa eventualità, posta quasi come un “mantra”, che accomuna chiunque pratichi la corsa di resistenza. E i motivi per cui si verificano tali deprecabili situazioni sono ovviamente da ricercare nella pratica stessa della corsa, quasi sempre quotidiana e lunga per quanto attiene la percorrenza. Si verifica così che l’infortunio si presenta subito al podista, che non è uno sciocco, come un episodio grave, che inciderà nel presente e soprattutto nel futuro delle sue prestazioni, per la qual cosa ci si rivolge in primissima istanza all’amico esperto e poi subito dopo allo specialista medico di turno (una cosa è un infortunio muscolare, altra osseo, eccetera).

Ora, bisogna subito precisare che gli “scompensi umorali” già sono cominciati nel… primissimo manifestarsi dell’infortunio stesso…, perché è umanamente lecito pensare che il podista vittima se ne sia uscito con una irriferibile imprecazione e già questo di per sé significa avere alterato il sistema nervoso, per altri versi sempre forbito e controllato. Ironia a parte, è vero che il podista si accorge dell’infortunio e della sua entità, appena esso si presenta e che cerca istintivamente di auto convincersi che, tutto sommato, non è nulla di troppo serio. Però, si è già destabilizzato il suo cosiddetto (e invidiato dai non sportivi) “stile di vita”, poiché nel suo modo solito di condurre la giornata non è previsto, ad esempio, un consulto medico. A proposito del medico, c’è da dire che il podista infortunato che vi si reca, non dovrebbe avere in mente quello che vorrebbe sentirsi dire: che si tolga dalla testa che il medico gli dirà che non ha niente, che dopo un paio di giorni tutto si risolverà. Anzi, molto probabilmente sentirà il mondo crollargli addosso: i medici devono essere cauti, “per mestiere”. La prima cosa che il podista sentirà sarà la parola “riposo”, non quantificabile però senza un adeguato supporto diagnostico successivo ad un controllo strumentale: radiografia, ecografia, eccetera. Già al sentire queste cose, la produzione salivare del podista aumenterà enormemente e, benché egli faccia sfoggio di “aplomb”, anche la sua agitazione interna. A questo punto, gli converrà organizzarsi mentalmente un certo periodo di cambiamento del suo solito, come detto, “stile di vita”, perché fra analisi, diagnosi, prognosi, terapia e convalescenza, per almeno un mese non potrà correre, più facilmente per tre o quattro. Quindi, cosa farà in tutto questo tempo? Non vedrà gli amici? Non gareggerà? Non mangerà i soliti alimenti prima e dopo gli allenamenti? Non indosserà gli abituali indumenti? Tenderà ad ingrassare? Si aprirà un baratro davanti a lui…

La famiglia che “ospita” il podista dovrà farsi carico della sua “variazione di umore”, è inevitabile: moglie, figli, fidanzata, fratelli…, tutti sono avvisati. La persona che si conosceva come simpatica e altruista, ora è diventata scontrosa, nervosa, scostante…, sembra quasi uno sconosciuto! Diciamo alla famiglia di pazientare…, passerà. Ma al podista infortunato, al quale ben inteso va’ tutta la nostra umana e podistica comprensione, diciamo che sarebbe stato il caso che lui in precedenza avesse coltivato qualche altro hobby, così da non restare “sguarnito” in frangenti come questi. Se ad esempio fosse stato un arciere in una battuta di caccia, poniamo il caso, avrebbe fatto meglio a mettere nella sua faretra un nutrito numero di frecce, non una soltanto. Oppure, approfitti del periodo particolare per dedicarsi a un qualcosa che, come si suol dire, ha tenuto sempre nel cassetto: ora ne ha tutto il tempo. O “buttarsi” nel lavoro, o nella sua attività extrapodistica, con maggiore impegno e dedizione, allargando così la sfera dei suoi interessi e delle sue competenze. Si potrebbe verificare perfino il caso che, come recita quel vecchio detto popolare, “non tutti i mali vengono per nuocere”, chissà… Nel frattempo, non smetta di pensare che in fin dei conti il tempo vola sempre…, anche in questi casi di lunga degenza. Una modifica “temporanea” all’abituale stile di vita ci può stare. Anche il maggior nervosismo; vuol dire che quando tutto sarà finito, si riderà della situazione e che si saranno acquisite nuove conoscenze. Quindi, la vita continua.

Insomma, caro amico podista lungamente infortunato, ora te lo confessiamo: siamo nella stessa barca. Tu, però, con l’attenuante della giovane età, noi con l’aggravante della senilità incombente. Perciò, non disperare. Ti sembrerà paradossale, ma la tua condizione fisiologica di avere in prospettiva tanti bei lunghi infortuni e tanti bei lunghi periodi di scompensi umorali, noi in un certo senso, te la invidiamo!

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