La canotta e i pantaloncini per un podismo consapevole

 

La prima cosa che un podista deve fare, prima di uscire a correre, dev’essere il calzare un paio di scarpette. E’ noto. Ma la seconda, almeno in linea generale e a voler prescindere dalle condizioni atmosferiche, è indossare canotta e pantaloncini. E come le scarpette devono essere adeguate, cioè rispondere ad alcuni parametri irrinunciabili per chi voglia correre con meno problemi, così anche canotta e pantaloncini richiedono si debbano prendere alcuni accorgimenti, per ridurre al minimo eventuali fastidi che potrebbero insorgere a causa della scelta di un abbigliamento non propriamente indicato.

Cominciamo col farne, come spesso siamo adusi a fare, un “ritratto storico-etimologico”. La parola “canotta” deve la sua origine alla… scoperta dell’America, perché dalla lingua caraibica canaoa si trasse la nostra canoa, che era indicata come “barca scavata in un tronco d’albero, usati dagli indigeni americani ai tempi di Colombo”. Coloro che in seguito adoperarono la canoa, per diporto o per sport, erano chiamati “canottieri”, per cui la “canotta” è spesso chiamata “canottiera”.

Un po’ diverso è il caso dei “pantaloni. Intanto, bisogna dire che gli antichi romani notarono questo tipo di abbigliamento, che tratteneva bene il calore del corpo umano, durante le loro conquiste dei popoli barbari. Ma l’etimologia della parola è francese, “pantalon”, che a sua volta deriva dalla tipica maschera veneziana Pantalone, che li indossava sempre nelle apparizioni, perché facevano parte del suo costume di scena.

Specialmente in gara, la canotta e i pantaloncini rappresentano un abbigliamento indispensabile. In allenamento, si può e ci si deve coprire in maniera diversa, sia per il freddo, sia per abituare il proprio corpo a “portare” più peso durante la corsa. Vale per entrambi la raccomandazione di rito: devono essere non aderenti al corpo, onde consentire una migliore traspirazione della pelle. Meglio se il materiale che li compone sia in parte traspirante, per la stessa ragione indicata. Perché trattenere il sudore su di sé è quanto di più deleterio e dannoso il podista possa riservare al suo corpo: aumenta il senso di spossatezza e contribuisce a quell’accumulo di sudore che, se trattenuto, a lungo andare può causare diversi problemi fra cui la sciatica. Quindi, soprattutto per quanto riguarda i pantaloncini, questi devono essere preferibilmente “aperti”, non quelli comunemente chiamati “da ciclista”, che sono chiusi e non lasciano passare aria. A volte, il podista li preferisce, perché evita del tutto quei noiosissimi arrossamenti all’interno delle cosce.

Poi, c’è da dire, che alla fine dei mesi freddi e con il sopraggiungere del caldo, il tornare ad indossare i pantaloncini corti e aperti, può causare qualche fastidio. In questo caso, precauzionalmente, si può (anzi, si deve) ungere le parti interessate con una pomata, una qualsiasi, così si rimedia e si consente il “ripristino della funzione” all’interno delle cosce. La stessa soluzione è da adottare prima di una gara estiva, o comunque di una gara dove in partenza fa’ molto caldo: un po’ di pomata all’interno cosce, e via! Anzi, già che siamo in argomento, noi consigliamo, almeno ai “maschietti”, di passare un po’ della stessa pomata anche sui capezzoli, per evitare lo stesso problema. Le “femminucce”, per questo…, sono avvantaggiate!

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